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Scene e amori dalla Cerchia dei Bastioni

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romanzo

Scene e amori dalla Cerchia dei Bastioni

Succede, a volte, che una storia riesca nel piccolo miracolo di rendere universale un microcosmo. Quel mondo sommerso diventa teatro di vicende che non potrebbero appartenere a nessun altro luogo e a nessun altro tempo, però, misteriosamente, sentiamo che parla di noi. Nascosti dietro una porta spiamo fatti all'apparenza inaccessibili, li divoriamo per correre a specchiarci nell'ultima pagina, dove – ne siamo certi – si nasconde il segreto che ci riguarda. I protagonisti di Qualunque cosa significhi amore di Guia Soncini (Giunti) seguono precise regole di vergogna, d'amore, d'insofferenza e di ambizione, e una trama che potrebbe cominciare così.
C'era una volta un regno, dentro la Cerchia dei Bastioni milanesi.
Sovrana indiscussa: Elsa Tomei, Zarina di Rai 3, produttrice di Discanto, preserale per dolenti professoresse democratiche. Elsa è l'anti-Popper, non perché la sua risposta alla “cattiva maestra” sia fare tv-di-qualità, ma perché sa che il suo dovere non è educare il pubblico, bensì farlo tornare il giorno dopo. Elsa è la più brava di tutti. Mica solo in quello: anche a gestire il proprio armadietto di medicinali, le amanti e la messaggistica di un marito sbadato, i segreti imbarazzanti di una famiglia di fedifraghi.
Vanni ama Elsa dall'istante in cui lei lo ha scelto. È dipendente dalla moglie, dalla loro noia condivisa, dalla capacità di lei di tenere a bada la fragilità di entrambi. Ogni tanto si chiede qualcosa di simile al gucciniano «perché mi amavi non l'ho mai capito, così diverso da quei tuoi cliché», si chiede come abbia fatto l'impeccabile Elsa a volerlo pur avendo visto in lui quel ragazzino dall'infanzia scialba in una remota provincia del Sud. A tenerselo pur sapendo, lei sola, da dove viene l'editorialista Vanni Gualandi che la gente legge al mattino per sapere quali opinioni avere. Il Vanni a cui le donne piacciono, ma non abbastanza da differenziare gli sms: «Senza di te questa serata è vuota» va bene per cinque numeri diversi. Tanto le altre non sono mica l'Elsa.
Nel regno dei Bastioni le qualità che contano si ereditano, come i libri giusti («non serve averli letti davvero: serve più che siano edizioni abbastanza vecchie da proiettare di te l'immagine di una che ci è cresciuta in mezzo»). Fanny Montestrutto non ne ha nessuna, ma ha imparato a simulare. È figlia di palazzinari romani, è la conduttrice del programma di Elsa, va a letto con Vanni, ha due psicanalisti che non sono riusciti a darle un inconscio e si è convinta di essere più importante di quel che è.
La sera in cui tutto si svolge, alla festa per i cinquant'anni di Vanni, sappiamo già che la televisione sta a questo romanzo come la provincia francese a Madame Bovary: è la cornice dentro cui si svolge la vita matrimoniale. Diventa, a tutti gli effetti, la centoundicesima provincia italiana: tutti si conoscono ma non per davvero, si passa la vita a vergognarsi della propria infanzia, si campa su egemonie, esclusioni e sputtanamenti. Di Elsa, Vanni e Fanny, delle bugie e dei silenzi su cui hanno costruito vite e carriere, sappiamo molto ma non abbastanza. C'è qualcuno che sa, e minaccia di far saltare quell'universo aggrovigliato e sbagliato che vorremmo disperatamente proteggere perché ormai è il nostro, sono nostri quegli sbagli, quei grovigli, quelle bugie e quelle inadeguatezze. Ma, come nella vignetta di Altan in cui il marito si allarma: «Ci spiano tutto quello che facciamo!», la risposta non è «Oddio, il Grande Fratello!» ma: «Dio, che figuraccia».

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