Chiudi gli occhi e prova a ricostruire quello che vedi dalla tua finestra. Sì, ci sono le montagne sullo sfondo coperte da un palazzo moderno, piastrellato, molto alto. Alto quanto? Le piastrelle sono orientate in orizzontale o in verticale? Di che cosa è rivestito il tetto dell'autonoleggio? Gli ippocastani intorno quanti sono, due? Sicuro che siano ippocastani? «È difficile dedicare molto tempo ai dettagli che fanno parte della nostra vita quotidiana», scrive Matteo Pericoli nella prefazione a Finestre sul Mondo (Edt). «Domani saranno ancora lì».
Fino a quando, a un certo punto, non ci sono più. Per evitare questa sparizione Pericoli – che è disegnatore e architetto – ha sentito il bisogno, dieci anni fa, di disegnare in grande dettaglio la vista dalla finestra dell'appartamento a New York che stava per lasciare. Da lì è partita una riflessione che sfocia nel libro, che raccoglie le finestre di 50 scrittori (da Pamuk a Gordimer, da Selasi a Knausgård), alcune uscite in origine sul New York Times e la Paris Review, altre inedite. Ogni vista, disegnata, è affiancata da un breve testo in cui lo scrittore in questione descrive il proprio rapporto col panorama che vede a Giacarta o Milano o Lagos o Buenos Aires: come lo ha scelto, come lo guarda, cosa significa per lei o lui.
Ma che cos'è una vista? Né un oggetto, né un posto, forse l'intersezione fra entrambe le cose e una persona che vi si trova; basta spostare appena lo sguardo, avvicinarsi di mezzo passo, per trasformarla drasticamente. Per questo una fotografia non potrebbe mai renderla in modo fedele: mostra ciò che c'è, non ciò che si vede. I disegni di Pericoli sì. Essenziali e privi di sfocatura prospettica, nascono da un lavoro certosino basato su decine e decine di scatti diversi; il tratto è allo stesso tempo dettagliatissimo e un filo tremulo, come per ricostruire i meccanismi dell'attenzione.
Le cose sono innanzitutto la loro forma, districarle e ordinarle è un processo che lo spettatore viene incoraggiato a fare. Non sono panorami, ma prospettive: e cioè i panorami visti da qualcuno in particolare. Nel caso degli scrittori, è qualcuno che li dimentica apposta. Più di uno degli autori coinvolti ha sentito il bisogno di specificare che il paesaggio che ha sotto gli occhi è quello di ciò che scrive, non quello reale; ma leggendoli viene il sospetto che… Non ricordo che sospetto venisse. Mentre cercavo le parole giuste, ho guardato due colombi che si disputavano il comignolo piatto sul tetto di fronte alla mia finestra; ha vinto quello grigio chiaro, l'altro è volato via verso piazza Arbarello, e la frase mi è sfuggita di mente.
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