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Il cinema italiano senza premi a Cannes? Una scelta che ha sorpreso tutti

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Il cinema italiano senza premi a Cannes? Una scelta che ha sorpreso tutti

È passato qualche giorno dalla cerimonia di premiazione del Festival di Cannes 2015, ma ancora il cinema italiano non riesce a darsi pace.
Con sorpresa di tutti, i film di Matteo Garrone («Il racconto dei racconti»), Nanni Moretti («Mia madre») e Paolo Sorrentino («Youth – La giovinezza») sono rimasti fuori dal palmarès, nonostante fossero tra i grandi favoriti della vigilia.

Fino a poche ore prima dall'inizio della cerimonia di chiusura, i giornali di tutto il mondo davano Moretti e Sorrentino (Garrone è stato meno considerato in questo senso) in prima fila per la conquista di un premio importante.
Nonostante i tanti applausi a loro riservati dalla critica internazionale, la giuria capitanata dai fratelli Coen li ha “dimenticati” al momento della scelta dei vincitori: niente da dire sul titolo di miglior regista andato a Hou Hsiao-hsien (autore del magnifico «The Assassin») o al Grand Prix ricevuto dall'ungherese esordiente László Nemes (il sorprendente «Son of Saul»), ma gli altri film premiati non erano superiori agli italiani.

Grida vendetta, in particolare, la menzione per la miglior sceneggiatura attribuita al pessimo «Chronic» di Michel Franco e i troppi riconoscimenti al cinema francese.
Se la Palma d'oro è andata, in maniera inattesa, a «Dheepan» del parigino Jacques Audiard, da molti considerato un film minore nella carriera del regista de «Il profeta», davvero eccessivo aggiungere i titoli di miglior attore e migliore attrice a due interpreti transalpini, seppur bravi come Vincent Lindon («La loi du marché» di Stéphane Brizé) ed Emmanuelle Bercot (protagonista di «Mon roi» di Maïwenn, premiata ex aequo con l'americana Rooney Mara del film «Carol» di Todd Haynes): le loro Palme avrebbero fatto miglior figura nelle mani di Michael Caine («Youth – La giovinezza») e Cate Blanchett («Carol»).

Scelte dal sapore nazionalista? Indubbiamente, a (in)degno coronamento di un Festival che ha scelto cinque titoli francesi sui diciannove complessivi del concorso, a cui si aggiungono anche il bruttino film d'apertura («La tête haute» di Emmanuelle Bercot) e il retorico film di chiusura («La glace et le ciel» di Luc Jacquet).
Ed è quantomeno curioso che la critica francese (!) avesse come proprio preferito «Mia madre» di Nanni Moretti, osannato da quasi tutte le testate: Le Monde, per la recensione del film, ha scelto come titolo «Habemus Palmam?», giocando con il nome del precedente lungometraggio del regista di Brunico, «Habemus Papam». Anche Positif, tra i tanti, l'ha definito un “capolavoro”.

Cosa è successo, dunque, in giuria? L'attrice spagnola Rossy De Palma rivela che è stata l'unica dei giurati (gli altri, oltre ai Coen, erano Xavier Dolan, Rokia Traoré, Sophie Marceau, Sienna Miller, Guillermo del Toro e Jake Gyllenhaal) a difendere il film di Sorrentino e una dei pochi ad amare il lavoro di Moretti: per quest'ultimo, in particolare, si è battuta ma la sua preferenza si è conclusa con un nulla di fatto.

Sulle polemiche ha tagliato corto Joel Coen («C'erano molti buoni film e bisognava fare delle scelte, amo Paolo Sorrentino, amo Moretti e Garrone, ma per loro non c'era spazio»), mentre Thierry Fremaux, il direttore generale del Festival, ha voluto chiudere l'argomento con un sorriso: «Non facciamo che dopo avermi ringraziato per i tre film italiani del concorso, adesso voi italiani mi criticate perché non avete vinto niente […] Io ho fatto quel che potevo, il mio lavoro, la scelta. Con le giurie non si sa mai come finisce e quest'anno è andata così».
In fondo ha ragione, ma la delusione resta, così come rimane la buona impressione fatta dai tre italiani a pubblico e addetti ai lavori presenti sulla Croisette.

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