Cultura

Il nuovo umanesimo di Roberto Zappalà con la Nona sinfonia di Beethoven

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danza

Il nuovo umanesimo di Roberto Zappalą con la Nona sinfonia di Beethoven

Il Teatro Massimo Bellini di Catania, ente lirico che vanta uno dei teatri pił belli d'Italia, apre per la prima volta alla danza contemporanea.

E lo fa col suo concittadino pił autorevole: Roberto Zappalą, coreografo di notorietą internazionale, la cui compagnia, con sede nella moderna struttura di Scenario Pubblico, festeggia quest'anno i venticinque anni di attivitą che coincidono con l'importante riconoscimento ministeriale a Centro di produzione. In linea con la sua ricerca coreografica condotta da sempre sui binari delle questioni etiche e sociali e le loro implicazioni nei linguaggi del corpo, Zappalą, per la necessitą di parlare oggi di fratellanza tra i popoli, di ecumenismo, di identitą e religioni, di umanitą in transito – titolo, quest'ultimo, del progetto a capitoli da tempo avviato – non poteva che scegliere di lavorare sulla Sinfonia n. 9 di Beethoven, musica significativa e rituale catartico dal messaggio universale. Opta perņ per la trascrizione per due pianoforti di Franz Liszt, meno maestosa ma pił intima. Su questa, eseguita dal vivo, Zappalą crea per accumulo: drammaturgico, scenografico, e con movimenti e parole ripetute. A imprimere un segno a “La Nona. Dal caos, il corpo”, c'č un breve prologo in forma di omelia laica affidato ad una donna, officiante religioso, che in platea confessa le colpe dell'uomo peccatore “in pensieri, parole, opere e omissioni”, colpevole di barbarie sugli altri uomini e sul creato. A rappresentare l'umanitą come caos č una scena ingombra di mobili e oggetti sparsi, su cui domina una imponente croce – che abbaglierą coi suoi fari accesi – e altri simboli delle diverse religioni. Accatastati sul fondo lasciano spazio al vasto palcoscenico sul quale giungono uno alla volta i danzatori ripetendo e riprendendo, in silenzio e ansimanti, gli stessi gesti. Ad osservarli, inizialmente, sono i due pianisti in penombra.

Un ascolto, il loro, che si ribalterą pił avanti, con i danzatori immobili a udire la musica. Č solo con il vero ascolto, sembra dirci Zappalą, che si potrą giungere alla comprensione e alla fratellanza. Ce lo dicono anche le parole di un imbonitore in lustrini e bombetta parlandoci prima di crisi e di catastrofi, poi lasciandoci con la domanda “Quale č la pił grande fede nel creato? Qual č il tempio pił grande da venerare?”. Domanda che riprende in varie lingue un danzatore rispondendo che č il corpo il tempio. Ce lo dice soprattutto la danza, assemblata prima confusamente, con i danzatori disgregati in singole sequenze, poi sempre pił ravvicinati e a contatto in coppie, in file processionali, in gruppi contrapposti, per esplodere in un ensemble di potente fisicitą dove i baci, sull'Inno alla gioia eseguito da un controtenore, suggellano la perduta e ritrovata armonia dell'umanitą. Sono i corpi nei loro fremiti e sussulti, farsi mappe di ricerca interiore, d'ombra e di luce, di paure e speranze, di tristezza, gioia, violenza, dolcezza. Stati d'animo e sentimenti che i danzatori – con costumi casual, poi tutti arancione – riflettono sulla scena, insieme a senso di smarrimento, di asperitą e angoscia. Ripetono il gesto di guardare verso di noi e tra di loro come attraverso un binocolo, a cercare qualcosa vicino o lontano al di lą dell'apparenza. Fino alla conquistata gioia spirituale, e alla ritrovata innocenza nel giocoso gesticolare come bambini. Se non era facile, per la lunga tenuta musicale, mantenere una continuitą di codici gestuali e di movimenti sempre in mutazione col rischio di qualche cedimento didascalico – come la sequenza con le maschere di volti di leader religiosi e volti anonimi seguita da abbracci –, Zappalą regge sul piano inventivo mantenendo una tensione costante, anche nei silenzi. Uno dei momenti pił alti della coreografia č nell'Adagio del terzo movimento, con i danzatori seduti a terra e oscillanti come in estasi, in una pacificazione dei corpi e dell'anima, che nella versione per pianoforte crea un'intimitą assoluta, di grande bellezza. Creazione poderosa all'insegna del bisogno imprescindibile di spiritualitą, la “Nona” segna una ulteriore tappa verso quella sorta di umanesimo globale che Zappalą persegue con l'ambiziosa trilogia “Transiti humanitatis”. Che culminerą nel 2016 al Comunale di Ferrara col debutto di “I am beautiful”.

“La Nona. Dal caos, il corpo”, 3° step del progetto Transiti Humanitatis, un progetto di Nello Calabrņ e Roberto Zappalą, musiche di Ludwig Van Beethoven, Sinfonia n°9 op.125 nella trascrizione per due pianoforti di Franz Liszt, pianisti Luca Ballerini e Stefania Cafaro, controtenore Riccardo Angelo Strano, coreografie e regia Roberto Zappalą, testi Nello Calabrņ, scene, luci e costumi Roberto Zappalą, interpreti Compagnia Zappalą Danza. Il progetto Transiti Humanitatis č una produzione di Compagnia Zappalą Danza / Scenario Pubblico international choreograpfic centre Sicily, in collaborazione con ImPulsTanz – Vienna International Dance Festival (Vienna), Teatro Comunale di Ferrara, Teatro Garibaldi / Unione dei Teatri d'Europa (Palermo), Teatro Massimo Bellini (Catania). Fino al 27/5.

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