Bisogna lasciarsi andare al flusso pacato, cullante, e profondo, che suscitano anzitutto i rumori di una natura incontaminata – di mare calmo e in tempesta, di onde sugli scogli, di gabbiani e uccelli marini, di mammiferi, di vento e di pioggia -, e la partitura musicale ricavata e rielaborata dai loro suoni, concreta e livida al tempo stesso; poi, le proiezioni realistiche e astratte sulla grande parete frontale di lamiera ondulata, con una striscia luminosa all'inizio che si apre sempre più in un'aurora boreale; quindi i movimenti ampi, leggeri, fluttuanti, quasi privi di forza di gravità, dei tre silenziosi danzatori, il cui avanzare in scena è, inizialmente, di stupefatta scoperta di un luogo.
L'attraversamento in quel paesaggio armonioso e inaccessibile, che riconduce ad una dimensione spirituale, coincide con l'immersione fisica nella “dolcezza permeabile della rugiada”, un viaggio dei sensi che il coreografo Paco Dècina (ospite al Napoli Teatro Festival) ha tradotto in danza per la sua compagnia francese Post-Retroguardia. Frutto di una residenza di quattro mesi sulle sperdute isole australi Crozet, “La doucer perméable de la rosée” non è solo uno spettacolo di rigenerante bellezza visiva e sensoriale, ma anche – forse non nelle intenzioni dell'autore – un atto di denuncia verso l'uomo sempre pronto a infrangere l'armonia naturale. Dall'iniziale libertà dei corpi con movimenti che tendono ad una simbiosi con quella flora e fauna inviolata, si sfuma nell'aggressività.
Trasformati in studiosi due dei performer circoscrivono il terzo, animale marino o uccello, lo catturano e immobilizzano. Lo studiano, lo misurano, gli installano un chip e lo segnano con una croce blu. Disarticolandosi si rialza lentamente, ma ormai ferito dalla brutalità dell'uomo. Cambio d'atmosfera. Tra rumori di passi sulle pietre e sull'acqua, il terzetto avanza in una spedizione portando sulle spalle, e muovendoli, dei cavalletti di legno. Di questi Décina ne fa oggetti scenici di metamorfosi: diventano gabbie, rifugi, ponti, torri, giacigli, tavole imbandite e da laboratorio.
La danza che ne segue, di duetti e terzetti ed energici assoli, sempre in ascolto del silenzio, è anche nelle concatenazioni tra di loro e con questi elementi, sdraiandosi sopra, inerpicandosi, oltrepassandoli; e nel movimento fluido o netto delle braccia con scatti improvvisi delle gambe alzate, nello scivolare a terra, rotolare, e riprendere la verticalità inarcandosi. Per concludersi con una tavola apparecchiata da uomini travestiti di cui uno con una parrucca bionda, mentre s'ode una malinconica canzone napoletana. Forse l'unica distrazione di quei solitari militari e studiosi che abitano l'isola, che desiderano la loro casa. Forse la nostalgia anche di Paco, napoletano ma da oltre trent'anni naturalizzato francese.
“La doucer perméable de la rosée”,
coreografia Paco Dècina, musiche Fred Malle,
danzatori Vincent Delétang, Jérémy Kouyoumdjian, Sylvère Lamotte,
light design Laurent Schneegans,
video interattivi Serge Meyer, Virginie Premer,
costumi Paco Dècina.
Produzione Association Post-Retroguardia.
Al Castel sant'Elmo per Napoli Teatro Festival Italia.
Al Festival Oriente-Occidente di Rovereto 2015
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