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Sembra un thriller la Russia dei danzatori catalani La Veronal

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danza

Sembra un thriller la Russia dei danzatori catalani La Veronal

C'è una fiammeggiante vecchia auto rossa al centro del palcoscenico, e, in fondo, alcuni lumini accesi. Gli otto interpreti, in abiti giovanili anni Ottanta, sono dapprima schierati frontalmente, poi disposti ai lati, per spostarsi a turno sulla scena, entrare nell'auto, sostarvi dentro, davanti o nei paraggi.

Attorno a questo elemento catalizzatore che attira e respinge il gruppo, gli impeccabili danzatori della compagnia catalana La Veronal diretta dal coreografo Marcos Morau, danno vita a un inquietante “dance thriller” che, tra senso di paura e di nostalgia, evoca la Russia di oggi. E “Russia” è il titolo dello spettacolo (al Napoli Teatro Festival Italia), il quinto di un progetto che ha già esplorato altre città del mondo (tra cui anche Siena) per restituirle teatralmente, e coreograficamente, nelle suggestioni ricevute: modalità di lavoro che ha avuto come impareggiabile capofila Pina Bausch, con ben altri approcci e inimitabili risultati espressivi. Qui niente di realistico o di, narrativamente, esplicito. La Russia di Morau, pensata cinematograficamente, è un luogo soprattutto mentale ricreato dentro una dimensione onirica, tra atmosfere sospese e misteriose alla David Lynch e l'humour dei fratelli Cohen, tra cupe sonorità e musiche di Stravinsky e di Ciajkovski. Un road movie in forma di danza che ha come fulcro della storia un viaggio verso il lago Baikal, in Siberia, dove non si arriverà mai. Percorrendo terre fredde e desolate i protagonisti rimangono bloccati una notte davanti ad una strada ricoperta di neve che si immerge nella foresta dove qualcuno si smarrirà. La costrizione di una convivenza forzata scatenerà situazioni surreali e incontrollati stati emozionali, tra panico, esaltazione, vaneggiamento, ansia, espressi in una danza energica, con guizzanti esplosioni di movimenti fluenti e secchi, con contorsioni e gesti disarticolati (un sorprendentie duetto a terra tra due donne, con velocissimi intrecci di gambe, braccia e teste), e sequenze da esercizi accademici di scuola russa con tanto di maestra che detta il ritmo e i passi. Ironia e drammaticità continuamente alternati - e accompagnati da dialoghi e didascalie proiettate come in un film muto che ci descrivono le sensazioni della morte per freddo e congelamento a cui sono destinati i personaggi - caratterizzano lo spettacolo, sollecitando la nostra immaginazione e lasciandoci vagheggiare su un luogo geografico e politico che avrà nel finale una divertente caricatura del potere. Un militare trionfante sull'auto sospinta a mano, in una ripetuta sequenza da film in azione, fa poi impugnare un fucile ad un uomo incitandolo a sparare a un cigno – un assolo di travolgente astrattezza gestuale che connette alla morte del cigno del celebre balletto –, mentre gli altri piangendo assistono sgomenti. Rimane un corpo a terra accanto all'auto mentre tutti spariscono. Quella sensazione del freddo che brucia, forse è stato solo un sogno.
“Russia”, regia e coreografia Marcos Morau (in collaborazione con gli interpreti), testo e drammaturgia Marcos Morau, Carmina S. Belda, Paolo Gisbert, luci Enric Planas, musiche originali North Howling, costumi Mariana Rocha. Produzione La Veronal, in coproduzione Mercat de les Flores, Centre d'Art Escéniques de Reus. Al Napoli Teatro Festival Italia. Il 6 settembre al Festival Oriente Occidente col nuovo spettacolo “Voronia”.

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