Cultura

L’arte sconosciuta degli aborigeni australiani

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L’arte sconosciuta degli aborigeni australiani

LONDRA - Nel 1770 le navi britanniche sbarcarono sulle coste dell'Australia dichiarandola “terra nullius” e quindi proprietà del Re Giorgio, ma questa ‘terra di nessuno' in realtà era abitata da circa un milione di aborigeni arrivati sull'isola dall'Indonesia oltre 60mila anni prima. Oltre alla nota tragedia di una popolazione decimata dalle malattie importate dall'Europa, dagli eccidi e dalla sistematica persecuzione da parte dei colonizzatori britannici, nel tempo sono andate perdute anche gran parte della civiltà e delle tradizioni aborigene. Prima della colonizzazione britannica nelle diverse zone dell'Australia venivano parlate 250 lingue diverse. Ora ne restano meno di venti.

Negli ultimi anni di ripensamento degli orrori coloniali il mea culpa britannico ha portato anche a una riscoperta e rivalutazione dell'arte aborigena. Ora il British Museum ospita “Indigenous Australia: enduring civilisation”, (civiltà duratura), un titolo di buon auspicio per la prima grande mostra mai dedicata in Gran Bretagna all'arte, alla cultura e all'artigianato degli aborigeni.
Il filo conduttore é la comunione dell'uomo con la natura e in particolare con la terra. La natura dona le materie prime per creare oggetti che uniscono funzionalità e un design essenziale, come il celebre boomerang.
La corteccia d'albero viene utilizzata per dipingere animali, piante e pesci. Il guscio di tartaruga serve per creare maschere per comunicare con gli spiriti degli antenati nei riti. Gioielli e collane sono fatte di piume, corallo, perle, conchiglie e denti di animali, le ciotole scolpite nel legno, i cesti intrecciati con foglie, i vasi fatti di corteccia plasmata e dipinta con ocra bianca o rossa. Gli scudi intagliati e dipinti con colori e simboli diversi denotano l'appartenenza al gruppo e assieme alle lance sono l'oggetto di maggiore importanza, non solo strumento di difesa ma simbolo dell'identità di chi lo porta.

La mostra del British Museum rivela anche come il luogo comune degli aborigeni isolati in comunità remote e primitive sia errato. In realtà gli aborigeni, che non coltivavano la terra ma cacciavano, pescavano e raccoglievano frutti e bacche, commerciavano regolarmente con l'Indonesia, barattando le loro lance intagliate in cambio di cibo e prodotti che non avevano.

Gran parte delle opere in mostra sono relativamente moderne. La tradizione artistica aborigena continua da decine di migliaia di anni, ma le opere o non sono trasportabili (come gli affreschi nelle caverne o le incisioni sulle rocce) oppure sono sparite perché realizzate con sabbia, corteccia d'albero, pigmenti vegetali e altri materiali deperibili. Gli artisti aborigeni contemporanei però si sono ispirati alle tradizioni degli antenati per creare dipinti astratti su tela di grande bellezza, che evocano le forme e i colori della natura. Tra questi Yumari, di Uta Uta Tjangala, del 1981, considerato un capolavoro al punto che é riprodotto sui passaporti australiani.

La mostra si trasferirà a Canberra in novembre, dove si prevede susciterà un vivo dibattito. Molti infatti ritengono che questi oggetti non dovrebbero essere in musei di tradizione occidentale ma dovrebbero essere restituiti alle comunità aborigine che li hanno creati. La polemica continua.

Indigenous Australia: enduring civilisation, fino al 2 agosto 2015, British Museum, Londra

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