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Il relativismo sofistico al tempo di «Gomorra»

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LIBRI E POLEMICHE

Il relativismo sofistico al tempo di «Gomorra»

«L'uomo è misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono». Così parlò Protagora, sofista del V secolo a.C., ideologo del relativismo assoluto e grande anticipatore del «Così è (se vi pare)» di pirandelliana memoria.

A guardare come la stampa italiana ha trattato la notizia della condanna in Cassazione al celeberrimo scrittore anti-camorra Roberto Saviano per il reato di plagio, sarebbe forse il caso di erigere busti del filosofo di Abdera nell'atrio di parecchie redazioni italiane. Giudicate voi: il Tempo ci va giù duro («La Cassazione su Saviano: è un copione»), stesso dicasi per il Giornale («Tre articoli plagiati in “Gomorra”». Saviano per la legge è un copione); completamente ribaltato il giudizio da Repubblica, quotidiano per il quale lo scrittore e divulgatore televisivo collabora («Cassazione, plagio “Gomorra”, Accolto il ricorso di Saviano»), per il Mattino («Plagio di “Gomorra”, la Cassazione accoglie il ricorso di Saviano») e per il Corriere del Mezzogiorno («Accusa di plagio, la Cassazione dà ragione a Saviano»). E meno male che le sentenze degli ermellini dovrebbero essere dirimenti e inopinabili per definizione.

La verità, come sostengono gli adepti della New Age, è altrove. Più precisamente nel dispositivo 12314/15 che Ciro Pellegrino sul sito di informazione online Fanpage.it riprende testualmente: Saviano, nel suo bestseller mondiale, ha copiato tre articoli da Cronache di Napoli e Cronache di Caserta, gli stessi giornali da lui più volte pubblicamente accusati di fare da megafono ai clan. La Cassazione, pur sottolineando che «non era in discussione l'originalità e la creatività del libro “Gomorra”, ma solo il plagio di alcune sue parti specifiche e limitate», dà infatti ragione a Libra Editrice scarl, editore dei due quotidiani locali, accogliendo quasi in toto i rilievi della Corte d'Appello che, nella sentenza del 2013, aveva condannato lo scrittore casertano e Mondadori a pagare un risarcimento di 60mila euro più 20mila euro di spese legali (in primo grado, invece, il processo si era concluso con un giudizio favorevole a Saviano e all'editore del libro).

I giudici di Appello avevano riconosciuto l'esistenza di più plagi nel libro Gomorra, rappresentati dalla presenza di tre articoli: «Il multilevel applicato al narcotraffico» e «Ore 9: il padrino lascia la “sua” Secondigliano» da Cronache di Napoli per i quali è stata riconosciuta la riproduzione abusiva; e «Boss playboy, De Falco è il numero uno» pubblicato dal Corriere di Caserta, ritenuto illegittimamente riprodotto senza citare la fonte. A fronte dei sette punti su cui si articolava il ricorso in Cassazione di Saviano e Mondadori, gli ermellini hanno ritenuto di accoglierne soltanto uno: i criteri di liquidazione del danno subito da Libra sono da ridefinire. Insufficienti appaiono infatti le motivazioni della Corte di Appello, cui a questo punto torna la parola. Solo dopo questo nuovo pronunciamento si capirà se e quanto lo scrittore e il suo editore dovranno corrispondere alla parte offesa.

Una cosa è certa: titolare sulla Cassazione che accoglie il ricorso di Saviano corrisponde a un ardimentoso esercizio di relativismo sofistico. Un po' come se, dopo il lapidario 1-7 subito dalla Roma di Garcia contro il Bayern Monaco, i quotidiani italiani avessero titolato qualcosa tipo «Un super Gervinho buca la difesa del Bayern». Sennò mettiamoci l'anima in pace e gettiamoci tra le braccia consolanti degli spagnoli Jarabedepalo che, dopo un rapido soggiorno nel nostro Paese, trovarono ispirazione per incidere una canzone che lo descrive benissimo: «Da che punto guardi il mondo tutto dipende».

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