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De Gregori & Dylan

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De Gregori & Dylan

Come le lunghe orbite di due pianeti che seguono logiche e percorsi propri (con mille comparazioni possibili), la prima notte di luglio i percorsi di Bob Dylan e di Francesco De Gregori finalmente si allineeranno su un palcoscenico italiano, apparentemente improbabile, in una nobile città di provincia come Lucca. Il contatto, almeno formalmente, sarà infine stabilito. A posteriori dei fiumi d'inchiostro che da sempre hanno inseguito il nostro Francesco e la sua passione per il grande americano: dall'influenza sulla sua formazione all'ammirazione che ha sempre provato per quell'artista che – in fondo come lui – aveva deciso d'iscrivere l'esistenza al principio del Never Ending Tour, della tournée che non finisce mai. Perché la vita è quella, il solco è scavato, chi si ferma è perduto, e nulla come suonare davanti a una nuova platea dà un senso al tutto.

Attenzione: l'evento non promette alcuna interazione tra i due artisti. Sono semplicemente in cartellone insieme, stesso palco, stessa sera: De Gregori apripista per un'ora, prima che arrivi Dylan e infili il gran finale. Sorprese ipotizzabili? Poche, conoscendo la riservatezza di entrambi e, comunque, nel caso, circoscritte alla sfera privata. Sono signori di una certa età, no? Ciascuno con la sua storia magnifica e il suo percorso, e una distinta visione del suo mestiere, dei modi di renderlo dignitoso e significativo, mai routinario o deprimente. Però nulla vieta che qualche elucubrazione lo spettatore avvertito ce la possa mettere, perché l'occasione è di quelle rare. Un gioco di specchi tra due musicisti che hanno mantenuto fede alla propria vena espressiva ma che pure, ciascuno a modo suo, sono sempre stati curiosi di esplorare le possibilità, di guardare oltre lo steccato della forma prefissata della propria musica.

In fondo, ciò che uno dopo l'altro proporranno al Lucca Summer Festival è il risultato di questa indomabile irrequietezza: De Gregori metterà in scena la versione live di Vivavoce, l'ultimo disco nel quale torna ad affondare le mani in alcuni dei pezzi che gli sono più cari, li rivolta, li cambia, li riusa in modo nuovo e ce li restituisce secondo la sua sensibilità del presente. Che è quello che da quasi subito ha fatto Dylan con la sua musica, mettendo in discussione il principio di versione definitiva, ovvero di classico, e inoltrandosi in una ricerca in progress per capire fin dove una canzone può crescere, mutare, perfezionare la forma e renderla continuamente sincronica ai contenuti. Un gioco che l'ha portato talmente lontano che oggi smette d'applicarlo solo alle sue canzoni, ma l'estende alle produzioni altrui. In mezzo alle sue composizioni ora dissemina quelle che cantò Frank Sinatra, che ammira da sempre, allestendo una specie di rivista del sublime intrattenimento americano.

E poi? Se non ci sarà un incrocio di chitarre, Francesco e Bob per un momento incroceranno almeno gli sguardi, si studieranno da vicino? Chissà, e chissà se mai lo sapremo. Le leggende pop nascono così. La tentazione comunque di esserci, a spiare un paio di facce del nostro personale Mount Rushmore musicale, ovviamente è fortissima. summer-festival.com

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