Cultura

La Magna Carta e i topi liberali di Leopardi

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FILOSOFIA MINIMA

La Magna Carta e i topi liberali di Leopardi

Tre modi per festeggiare gli 800 anni della Magna Carta: 1) recarsi in pellegrinaggio a Londra a vedere la mostra alla British Library (considerato che, Carta o non Carta, andare a Londra fa sempre sentire più liberi); 2) procurarsi il testo riproposto anni fa da liberilibri di Aldo Canovari, con un’esaustiva introduzione di Alessandro Torre, e una volta ripassate garanzie, contropoteri, habeas corpus, libertà fondamentali, riderci un po’ su. Dunque: 3) rileggersi quel nostro genio nazionale che sapeva fare dell’ironia persino sui valori in cui massimamente credeva, Giacomo Leopardi, che nei Paralipomeni della Batracomiomachia si diverte a raccontare dei topi (i liberali dei moti napoletani) sconfitti dalle rane-pontificie e dai granchi-austriaci, che hanno eletto su base costituzionale il re Rodipane. «Novella monarchia fu per comando / del popol destinata al lor governo: / una di quelle che temprate in parte / son da statuti che si chiaman carte».

Si parla proprio della Magna Carta! «Se d’Inghilterra più s’assomigliasse / allo statuto o costituzione, (...) / con parlamenti o corti alte o pur basse, / di pubblica o di regia elezione, / doppio o semplice alfin, come in Ispagna, / lo statuto de’ topi o carta magna, / da tutto quel che degli antichi ho letto / dintorno a ciò, raccor non si potria. / Questo solo affermar senza sospetto / d’ignoranza si può né di bugia, / essere stato il prence allora eletto / da’ topi, e la novella signoria, / quel che, se in verso non istesse male, / avrei chiamato costituzionale».

È un ridere alto, un ridere amaro, quello di Leopardi. I granchi reprimeranno questo regime costituzionale, e lo «statuto dei topi o carta magna», costringendo i topi liberali alla fuga. Però a Leopardi non manca mai un barlume di speranza, persino per la nostra povera, illiberale Italia: «L’Inghilterra in dispetto del suo clima (..) appartiene oggi piuttosto al sistema meridionale che al settentrionale – scrive nello Zibaldone nel 1821 –. Essa ha del settentrionale tutto il buono (l’attività, il coraggio, la profondità del pensiero e dell’immaginazione, l’indipendenza, ec. ec.) senz’averne il cattivo. E così del meridionale ha la vivacità, la politezza, la sottigliezza (attribuita già a’ Greci: v. Montesquieu Grandeur etc.) raffinatezza di civilizzazione e di carattere (a cui non si trova simile se non in Francia o in Italia), ed anche bastante amenità e fecondità d’immaginazione, e simili buone qualità, senz’averne il torpore, la inclinazione all’ozio o alla inerte voluttà, la mollezza, l’effeminatezza, la corruzione debole, sibaritica, vile, francese; il genio pacifico ec. ec. (...) Tutto ciò verrà forse da altre cagioni, ma forse anche dal loro governo e costituzione politica».

A noi italiani, per dare il meglio in ogni campo, forse basterebbe riavvicinarci un po’ alle libertà inglesi e alla loro “tradizione”. «A un gran fautore della monarchia assoluta che diceva, “La costituzione d’Inghilterra è cosa vecchia e adattata ad altri tempi, e bisognerebbe rimodernarla”, rispose uno degli astanti, “È più vecchia la tirannia”».

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