Non so quante volte, e con quanta pazienza, mattina, notte, domenica, Gaetano Paludetti, primario di otorinolaringoiatria al Gemelli di Roma e amico vero, si è preso cura dei miei sbalzi di udito, otite ricorrente più o meno acuta, rinite, sinusite, cefalee annesse e, siccome in materia in famiglia siamo “forti”, nessuno si è sottratto alle sue cure e ha rinunciato alla sua dose di chiamate di pronto intervento.
«Mi sento come un soldatino, ma so qual è il mio terreno di battaglia, e lì non credo mi possa fermare nessuno» ripete con un sorriso, tra un’insulfazione e l’altra, e, state certi, non vi dirà mai che questo «soldatino» Mubarak lo mandava a prendere con il suo aereo privato per farsi curare in Egitto o che Giovanni Paolo II ha deciso di andare sotto i ferri perché la sua gola veniva affidata alle mani di Gaetano. Si divide tra il Policlinico Gemelli, lo studio privato ai Parioli a Roma e il suo «amato Abruzzo» e hai sempre la sensazione che possa stare contemporaneamente in almeno due dei tre posti indicati. Soprattutto, hai la certezza che lui ci sarà sempre anche se la moglie, Beatrice, giustamente brontola, e di sicuro lui non avrà mai uno scatto di nervi nemmeno quando, quasi per contrappasso della fatica quotidiana, sarà la sua voce ad abbassarsi o la sua gola a fare le bizze.
Abbiamo avuto qualche problemino familiare in più e ci siamo “trasferiti” al Gemelli, un po’ di paura e tutto risolto, Gaetano non ci ha mai lasciato soli e io ho fatto qualche altro incontro e molte belle scoperte. Francesco Franceschi guida il reparto della medicina di urgenza e lo fa in punta di piedi, fuori dal clamore inconcludente che a volte contagia i medici quando il rischio sale, monitorando e controllando tutto senza mai un cedimento alla fretta o ai semplicismi. Roberto Cauda, altro primario “anziano” del Gemelli, mi colpisce per come parla del suo lavoro e perché ha voluto fare questo mestiere. Mi dice: «Tutto nasce dal senso della missione, il giorno in cui non ti preoccupi più del paziente c’è da interrogarsi, ma questo senso di distacco per fortuna non avanza, anzi diciamo che non c’è proprio e che il giorno che ci sarà vorrà dire che è davvero arrivato il momento di andare in pensione. Spero accada un po’ più in là e sento che, forse, non arriverà mai». Lo guardo e mi sembra della stessa “pasta” di Gaetano, ama il suo lavoro, ha un accento genovese e scopro che ha una casa nella “mia Amelia” e questo me lo rende ancora più simpatico. Gli chiedo come ci è finito e la risposta non si fa attendere: «A mia moglie piaceva questo fazzoletto di terra, abbiamo preso una casa sopra le mura poligonali con un giardino pensile, da una parte ci sono le mura e il centro storico, dall’altra la vallata, solo guardarsi intorno riempie, il riposo per me è questo». Poi ritorna a fare il medico e mi dice: «Si ricordi, la medicina ha bisogno della cultura ma è una scienza empirica, si costruisce con l’esperienza». Traduco a modo mio: è come se mi dicesse, nessuno nasce imparato, ogni malattia va capita e studiata, caso per caso.
L’approccio è quello che vedi in ogni gesto e parola di Massimo Fantoni, un posto meritato tra i “grandi” del Gemelli, cinque figli e una moglie con il doppio lavoro di madre e insegnante, la serenità di chi trasmette appagamento e rigore, il senso profondo della “missione” in un mondo dove a volte prevalgono confusione, incompetenza e qualunquismo. C’è qualcosa di molto importante che Fantoni ti trasmette: sicurezza, a ragion veduta, scienza e attenzione all’uomo insieme, la testa e il cuore di chi soffre ne hanno tanto bisogno. Ho passato due domeniche al Gemelli e ho partecipato a due messe cantate. Scatta la mia solita emozione che mi placa e ricarica. «Speranza, dovete trasmettere speranza e spiegare la crisi in famiglia impedendo alle nonne e ai nonni di continuare a viziare i nipoti» mi dice il cardinale, Edoardo Menichelli, che ha lasciato il posto a Chieti al nostro Bruno Forte e celebra la messa al Gemelli. Vuole dirmi che il mondo dei nonni non c’è più e fanno male loro a fare finta di nulla con i nipoti, vuole dirmi che i genitori hanno il dovere di spiegare ai figli come stanno le cose, ma devono anche custodire la gioia delle famiglie per continuare a trasmettere speranza. Sento che ha ragione e, liberato dal peso di questi giorni, so che mi sarà più facile farlo. In fondo, lo devo anche al Gemelli, scuola di medicina e di umanità, e al mio amico Gaetano.
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