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«Golpe di barzellette» al Carnevale dei truffati

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«Golpe di barzellette» al Carnevale dei truffati

Mettere in scena un testo che ha per protagonisti due vittime della violenza degli anni delle stragi “fa tremare le vene dei polsi”, per citare le note di regia, ma l'argomento viene trattato con delicatezza e riesce a passare lieve, anche se con messaggi molto forti, sulle teste di un pubblico foltissimo. Sì, perché la notizia è che quella piccola sala teatrale di periferia (nord Milano) sta esplodendo, al punto che hanno dovuto inventarsi in fretta e furia una replica straordinaria domenica sera, l'unica possibile in quanto lo spettacolo farà già parte della prossima stagione.

Un pubblico selezionato, forse anche affamato di proposte teatrali ‘militanti', sicuramente attento alla produzione del Teatro della Cooperativa e ai suoi attori e registi di punta. A calamitare tanta gente questa volta è sicuramente l'ormai consolidato connubio fra l'attore Bebo Storti, nei panni del commissario Luigi Calabresi, e il regista/attore Renato Sarti, in quelli dell'anarchico Giuseppe Pinelli, accompagnati nella nuova avventura da un Paolino Rossi d'annata, istrionico e demenziale, che si gode (e si vede!) i panni dell'onnipotente in collegamento video. “Il Carnevale dei truffati” è un testo scritto da Piero Colaprico, giornalista e scrittore alla sua seconda esperienza teatrale, che affronta i buchi neri degli anni delle grandi stragi - a cominciare da quella di Piazza Fontana del dicembre 1969 – e il loro “coro di voci morte” immaginando due ‘amici', allora su fronti opposti, accomunati dalla stessa violenta tragedia. Un tema che Colaprico conosce bene, tanto che con un'altra vittima di quegli anni bui, Pietro Valpreda, scrisse ben tre romanzi (fra cui”Quattro gocce di acqua piovana”) sulla serie del commissario Binda.

L'autore, infatti, spoglia il testo dalle polemiche sulla lunga e dolorosa vicenda affidando la sintesi a voci fuori campo e a spaccati di cronaca su grande schermo, e costruisce un immaginario rapporto fra due soggetti allora antagonisti. Due amici – diranno alla fine – che staranno insieme “finchè la verità sui fatti accaduti non verrà a galla, e cioè per sempre”. La pièce di Colaprico prevede che i due vengano spediti per ordine del dio Paolino Rossi a prendere una boccata d'attualità terrena nella loro Milano. Parte una serrata rassegna stampa che li porta ai giorni nostri e i due scoprono che nel frattempo i grandi temi sociali, i movimenti di protesta, la consapevolezza della classe politica, le iniziative sindacali, quelle sociali, ma soprattutto la ricerca della verità sulla grandi stragi di allora, si sono dissolti, annientati da “un ventennio di barzellette”. Ai loro occhi i tragici fatti d'attualità vengono digeriti, la reattività è scomparsa, un torpore alimentato anche dal fenomeno internet avvolge pensieri e azioni dei comuni cittadini, non si levano più cori di protesta, tutto il passato sembra avvolto nell'oblio. Stiamo assistendo – dicono i due – ad “un carnevale dei truffati, un golpe senza carrarmati, fatto solo di barzellette”. Un finale inevitabilmente amaro, ma anche un messaggio di incoraggiamento a riprendere in mano i grandi temi comuni.

Storti e Sarti sono convincenti, il primo in particolare sembra perennemente intento a trattenere le sue esplosioni comiche e le sue capacità di improvvisazione, a scapito del secondo che appare più velato e contenuto. Di sicuro si dimostrano coraggiosi nel vestire così ingombranti panni storici. Scelgono di limitarsi a percorrere la vicenda solo marginalmente e in punta di piedi, nel rispetto degli eredi diretti e indiretti di quelle tragedie, nel dolore sempre vivo, e chiamandoci a ragionare su un immaginario rapporto fra due realtà così contrapposte politicamente e così vicine umanamente. L'intero impianto teatrale necessita ancora di un gran rodaggio che permetta l'assunzione di maggior ritmo, soprattutto in alcuni momenti di dialoghi fra i due, che nella prima parte spesso virano ad assottigliarsi, rischiando la deriva macchiettistica. Le inserzioni video del dio ‘punk' non sempre si legano all'azione in corso, a volte la schiacciano riducendo i due protagonisti a comparse, ma spesso ne sdrammatizzano il taglio e ne risollevano il ritmo. L'idea di un onnipotente in camicia hawaiana, con i capelli lunghi alla Beppe Grillo e che tira anche qualche moccolo, è sicuramente geniale. Rossi coglie l'occasione per concedersi in un ruolo tagliato a sua stretta misura.

Fino a domenica 28 giugno al Teatro della Cooperativa
di Piero Colaprico
collaborazione drammaturgica Renato Sarti, Bebo Storti
conRenato Sarti , Bebo Storti e Paolo Rossi
regia Renato Sarti
scene e costumi Carlo Sala

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