Le sfide, sempre nuove, sono il pane quotidiano di Maria Federica Maestri e Francesco Pititto, ovvero Lenz Rifrazioni, storica compagnia parmense da poco diventata Fondazione. Al centro del loro lavoro c'è sempre la persona, inclusi i cosiddetti “attori sensibili”, pazienti con disabilità psichica e intellettiva coi quali la coppia, assieme agli altri componenti storici, lavora da anni.
La sfida in corso – mentre altre si profilano, come il “Macbeth” per il Festival Verdi 2016 – li vede cimentarsi con un progetto biennale strutturato in otto episodi scenici intorno al poema ariostesco “Orlando Furioso” pensato per luoghi artistici e monumentali non teatrali. I primi due episodi de “Il Furioso – La Fuga” e “L'Isola”, hanno trovato un significativo spazio interlocutorio all'interno dell'immensa collezione di oggetti e utensili del Museo etnografico di Ettore Guatelli, diventato contenitore ideale di versi in libertà e in dialogo – una struttura testuale di base su cui si sono innestati i versi degli interpreti sensibili - affidati a questi soggetti portatori di un vissuto di “espropriati”. Come lo sono, nel Museo, i sessantamila arnesi raccolti e accumulati, apparentemente senza valore e utilità. “La forma dell'impossibile messinscena del poema – spiega Maestri – è una raccolta di soggetti in fuga, da se stessi e dalla propria funzionalità normativa, la “messa in mostra” del soggetto irreparabile e non riparato come esigeva Guatelli dai suoi amati ‘arnesi'– ma posto, collocato con amore e ostinazione sulla parete poetica”. Si entra nel cortile all'aperto del Museo dove tre grandi schermi proiettano scene filmiche di Angelica tra i campi, in fuga dall'uomo che la deride e le corre dietro. L'apparizione dietro e davanti allo schermo riportano paladini dall'identità negata, che indossano come elmo un casco da boxer con una coda di piume dai diversi colori.
Il primo a presentarsi, nel suo lento e distaccato incedere, è Orlando, specificando di essere il Furioso, che dichiara l'amore per Angelica da lei invece negato. Armato quindi di spada corazza lancia e pugnale immaginari, s'appresta al suo cavallo che, nell'evocarlo, sembra lì presente. Nel prosieguo itinerante, tra cavalieri in corsa e altre proiezioni di ronzini di legno, si accede in semioscurità da alcune scale ad una delle stanze superiori dove ci sentiamo sopraffatti dalla meraviglia per le pareti ricoperte all'inverosimile di oggetti di ogni specie sapientemente ordinati. Qui Angelica, inseguita dai suoi oggetti amorosi, Orlando, Rinaldo, Ruggiero, Ferraù, Sacripante, sia cristiani che saraceni, trasfigurati nella serialità ossessiva di martelli, forconi, chiodi, uncini, forbici, falci, coltelli, è in perenne fuga dall'oggetto del piacere non voluto, e alla ricerca dell'unico corpo sentimentale desiderato: quello debole e ferito del giovane africano Medoro; e, struggente, la voce di Bradamante, la valorosa guerriera, che insegue il fuggitivo Ruggero di cui è innamorata, il saraceno che cavalca il suo fantastico Ippogrifo.
Un correre attorno, avanti e indietro, mentre elenca il senso del suo scappare: dalla burrasca e dal vento, dai bruti, dalla tristezza, dall'oppressione, dall'inedia, dall'oscurità. Parole che trovano una forte identificazione con l'interprete che le pronuncia. Ritornati all'esterno, ecco in trasparenza sullo schermo l'anziana Alcina in veste asiatica, la maga maligna che trasforma in piante e animali gli uomini che s'innamorano di lei. “Sono vecchia, ma bella”, ribadisce, “sono rinata e so ballare”, ossessionata dal desiderio di eterna giovinezza. E intanto ripete il gesto incantatore di prendere dei pesi che le vengono porti passandoli da una mano all'altra, mentre le sue parole, risuonano di emozionante verità.
“Progetto Lenz-Ausl 2015”. “Il Furioso – La Fuga”, drammaturgia e imagoturgia Francesco Pititto, installazione e regia Maria Federica Maestri, musica Andrea Azzali, performers Valentina Barbarini, Frank Berzieri, Marco Cavellini, Carlo Destro, Paolo Maccini, Delfina Rivieri, Federica Rosati, Vincenzo Salemi, Carlotta Spaggiari, Barbara Voghera. In collaborazione con Ausl di Parma. Al Museo Ettore Guatelli (Ozzano Taro di Collecchio, Parma).
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