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Un nuovo «Poltergeist» nelle sale, ma di spaventi ce ne sono pochi

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CINEMA

Un nuovo «Poltergeist» nelle sale, ma di spaventi ce ne sono pochi

L'estate, si sa, è la stagione preferita per gli amanti del cinema horror: diversi sono infatti i titoli del genere che, spesso un po' trascurati dalla distribuzione, trovano spazio nelle nostre sale soltanto in luglio e in agosto.
In attesa dell'interessante «Babadook» (in uscita il 16 luglio), questa settimana è il turno di «Poltergeist», omonimo remake del film cult di Tobe Hooper del 1982.

Classica storia di una famiglia come tante che vive in una grande casa infestata dai fantasmi, la pellicola si concentra sulla figlia più piccola che rimane vittima delle terrificanti apparizioni. Il resto della famiglia dovrà lottare per salvarla.
Se la pellicola originale, pur con diversi passaggi grossolani, era indubbiamente all'avanguardia all'inizio degli anni Ottanta – grazie a una riflessione sugli apparecchi tecnologici come fonte di terrore – in questa pigra rivisitazione il copione è sostanzialmente lo stesso e lo sceneggiatore David Lindsay-Abaire (noto per gli script de «Le 5 leggende» e «Il grande e potente Oz») evita qualsiasi forma di aggiornamento degna di tale nome.
Una scelta un po' ingenua che finisce per limitare il coinvolgimento e, parallelamente, anche gli spaventi. Il regista Gil Kenan aveva fatto decisamente meglio con il suo curioso esordio «Monster House», film d'animazione prodotto (così come il «Poltergeist» originale) da un certo Steven Spielberg.

In uscita anche «Annie – La felicità è contagiosa» di Will Gluck, un nuovo adattamento delle strisce a fumetti degli anni Venti già portate diverse volte sul grande schermo (anche da John Huston nell'omonimo «Annie» del 1982) e sul palcoscenico (il musical di Broadway che debuttò nel 1977).
Così come il film di Huston, anche questa nuova pellicola s'ispira proprio al musical di grande successo sulle scene newyorkesi.
Protagonista è una piccola e vivace orfana di dieci anni che verrà invitata da un miliardario a vivere a casa sua: l'uomo è in corsa per le elezioni, e spera così di far colpo sulla gente. Inizialmente titubante, si affeziona presto alla bambina e decide di adottarla. Ma i problemi per lei non sono ancora finiti.
Prodotta tra gli altri da Will Smith e Jay Z (quest'ultimo ha partecipato anche alla riscrittura della colonna sonora), è una pellicola perfetta per una visione in famiglia senza troppe pretese.
Gli ingredienti sono semplici e un po' melensi: tanto buonismo di fondo, personaggi che scoprono di avere un cuore d'oro, un gruppo di attori molto noti (da Jamie Foxx a Cameron Diaz). Il regista Will Gluck li mette insieme con furbizia e mestiere, puntando a un risultato che possa accontentare soprattutto i più piccoli.
Ma i limiti sono molti, a partire da una narrazione prevedibile e da un cast piuttosto svogliato: si salva, però, la brava Quvenzhané Wallis, giovanissima attrice prodigio che aveva già dimostrato le sue doti nell'ottimo «Re della terra selvaggia».

Infine, una menzione per il leggerissimo «Duri si diventa» di Etan Cohen con Will Ferrell.
L'attore interpreta un manager milionario che viene condannato per frode e costretto a passare un periodo di tempo dietro le sbarre. Per riuscire a sopravvivere in carcere, ingaggia un ragazzo di strada che può farlo diventare un vero “duro” da galera.
Un'idea brillante per una pellicola che, però, sfrutta male le premesse iniziali e finisce per risultare fiacca e fin troppo politically correct.
Qualche sorriso scappa, ma non può bastare per considerarlo un film pienamente riuscito.
Il regista è un esordiente, da non confondersi con il quasi omonimo Ethan Coen che, accanto al fratello Joel, ha diretto pellicole del calibro di «Non è un paese per vecchi» e «A Serious Man».

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