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Festival di Locarno: emoziona «Bella e perduta» di Pietro Marcello

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CINEMA

Festival di Locarno: emoziona «Bella e perduta» di Pietro Marcello

Tanti applausi per «Bella perduta»: il film di Pietro Marcello, unico titolo italiano in concorso al Festival di Locarno di quest'anno, ha ricevuto un'ottima accoglienza e si meriterebbe un premio importante.
A metà tra la fiaba e il documentario impegnato, la pellicola ha tra i suoi protagonisti Pulcinella, classica maschera della Commedia dell'arte, che, dalle viscere del Vesuvio, viene inviato nella Campania di oggi per esaudire le ultime volontà di Tommaso Cestrone: salvare un giovane bufalo di nome Sarchiapone.

A dir poco curiosa la genesi del film: durante un viaggio lungo la penisola, il regista Pietro Marcello si è imbattuto nella storia di Tommaso Cestrone, l'angelo di Carditello, unico guardiano (a sue spese) di una reggia borbonica abbandonata a se stessa. La sua storia doveva essere un episodio del film, ma l'uomo è morto durante le riprese e il regista ha deciso di proseguire quel racconto, arricchendolo con una fondamentale parte di finzione dai toni onirici e surreali.

Notevole allegoria sull'Italia di oggi, bella e perduta come la reggia di Carditello, il film prende il punto di vista del povero bufalo, maschio e per questo considerato inutile, di cui sentiamo anche la voce, prestatagli da un attore del calibro di Elio Germano.
Con buona dose di coraggio e invidiabile capacità tecnica, Marcello ha dato vita a un prodotto poetico, emozionante, impegnato nel suo messaggio di fondo e dotato di grandi momenti lirici.
Il modello è, indubbiamente, il cinema di Pasolini, ma il regista campano ha personalità e riesce a colpire tanto dal versante visivo (è girato in pellicola 16mm) quanto da quello narrativo.

Di tutt'altro livello è il pessimo «No Home Movie» della regista belga Chantal Akerman.
Si tratta di un documentario in cui l'autrice mostra l'ultimo periodo di vita di sua madre, focalizzandosi sulle sue parole e sulle sue azioni domestiche.
Nonostante il tema intimo e personale, è un film totalmente incapace di commuovere: Akerman punta su uno stile lento ed estenuante, autocompiaciuto e del tutto fuori luogo per un prodotto di questo tipo.
Il risultato, e spiace dirlo, è un film di 115 minuti in cui l'attenzione cala progressivamente e non c'è spazio per momenti degni di essere ricordati.

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