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La serie sui reality: UnREAL tv

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yolo

La serie sui reality: UnREAL tv

Il peggio (in televisione) deve ancora venire.
Il peggio si chiama UnREAL, ed è una serie tv sugli autori di reality show. Tradotto in italiano: una fiction sulle De Filippi d'America.
Ai carrierismi (con avventure sentimentali) della redazione fa da sfondo una specie di Uomini e Donne incattivito: ricco tronista e varie ragazze in competizione a scopi matrimoniali.

Quel che hanno capito i produttori, dopo anni di corteggiamenti in studio, è che dall'altra parte della tivù non è tanto la storia d'amore che interessa – per quella si va al cinema – è la guerra (con un perdente in lacrime).
È la nuova industria culturale, bellezza, e ha trovato un inatteso filone: la Fremdschämen, l'imbarazzo conto terzi. Pare che niente sia bello quanto la brutta figura degli altri.
UnREAL racconta la costruzione, di quella brutta figura: come far piangere un concorrente, come procurargli un crollo isterico, come farne scrivere su Twitter.
Dopo il primo episodio si è indecisi sul minuto peggiore di trasmissione (indice classico di successo televisivo). Forse questo: Quinn, una delle autrici, boccia le concorrenti afroamericane perché non hanno il potenziale da moglie e lo dice così: «Non è colpa mia se l'America è razzista».

L'idea di UnREAL: «È normale essere un po' spietati» si è rivelata così interessante che stanno già preparando la seconda stagione. Quelli che leggono buoni libri si sono chiesti com'è possibile.
I motivi del successo della televisione cattiva li spiegò involontariamente Karl Popper mentre cercava di condannare la cattiva televisione.
Il teorema era questo: il capitalismo avanzato intacca la produzione culturale (problema 1). La televisione moderna smette di educare e sceglie come scopo: essere guardata (problema 2). Per essere guardata ha bisogno di materia sensazionale – e difficilmente la materia sensazionale riesce a essere anche buona (problema 3).

Le conclusioni di Popper: chi ti garantisce materia attraente e di qualità per 20 ore? (Nessuno. Se esistesse l'avrebbero notato, assunto per sempre, pagato molto).
Che cosa non aveva previsto Popper: la qualità è il problema secondario. Produrle, quelle 20 ore sensazionali, è l'impresa. E questo è un primato italiano: l'unica che trova, quasi da sola, 20 ore di televisione sensazionale e indifferente alle inflazioni è Maria De Filippi.
Così sensazionale che tutti, presto o tardi, diventano il suo pubblico. Con questa divisione:
Pubblico di maggioranza
Gli piace senza riserve.
Pubblico ironico/intellettuale di MDF

Se è vero che la De Filippi sta scrivendo il romanzo popolare, l'intellettuale ha il dovere di tenere il televisore acceso. Per prendere le distanze si produce in tweet brillanti (valgono come esimente ufficiale durante la visione).
Pubblico di MDF che non la guarda
Ne ha abbastanza della benevolenza da intellettuale ipocrita e taglia corto: è tv indecente. Lo sa anche la De Filippi. Non le contesta il titolo di “più straordinario autore televisivo di sempre”, però un'ora davanti a Temptation Island non riesce a passarla. C'entra poco la fissazione per i contenuti, non si sente neanche intelligente – se fosse intelligente resisterebbe –: è che si annoia.

UnREAL è per questa fila della platea: un Truman Show sulla De Filippi piacerebbe anche a loro. La fiction che spiega perché decide di correre il rischio – un sabato sera – di leggere Dostoevskij ai quindicenni. O come riconosce le migliori gattamorte da trono.
È finalmente pornografia della ragione applicata alla pornografia dei sentimenti – sarebbe piaciuta (di nascosto) anche a Popper.

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