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Storia siciliana di Salvatore precario da sempre

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Storia siciliana di Salvatore precario da sempre

«Lavoro al Comune di Valderice, sono precario da 22 anni, a dicembre di ogni anno perdo il posto, a febbraio arrivano i fondi della Regione, il Comune mi riassume e ricomincio. Non è vero che il precario non lavora, ci sono uffici che senza di noi non vanno avanti. Io faccio il jolly, prima ho lavorato all'economato, riscontravo le fatture, seguivo i clienti, ora sono al protocollo, ma nel frattempo sono passato dalla segreteria del sindaco e dall'ufficio manutentivo, il mio stipendio è di 287 euro, la Regione ce ne dà 500 ogni mese, ma il Comune se ne trattiene più di 150 per pagare i contributi del datore di lavoro che, di fatto, li paga il lavoratore, e poi ci sono altre trattenute. Sono di livello c, faccio 29 ore al mese, 4 ore al giorno per sette giorni, più un'altra. A Ferragosto ho compiuto 59 anni».

Salvatore Marino ha raccolto me e mia moglie a San Vito Lo Capo, da uno dei pontili del circolo nautico Costa Gaia dove ha il secondo lavoro, («faccio il turno di notte, comincio alle sette e mezzo di sera e finisco alle sette e mezzo di mattina, vigilo sui pontili, sono quattro, tutti privati») e ci conduce all'aeroporto di Punta Raisi, a Palermo, («questo è il mio terzo lavoro, sa i figli studiano, le spese aumentano»), ma si vede che muore dalla voglia di raccontarci della sua prima occupazione, quella a 287 euro, con la quale rischia di andare in pensione senza essere mai stato assunto. Lo fa con il sorriso sulle labbra, come se parlasse di qualcun altro, con quel pizzico di distacco e di disincanto che appartiene solo ai veri siciliani.Ha voglia di parlare di sé e riuscirà in poco più di un'ora di viaggio a raccontare tutta la sua vita senza mai tradire rabbia o sconforto, rispondendo a tutte le domande, indicando luoghi e soste obbligate (slargo che affaccia sul porto di Castellammare del Golfo «qui vi dovete fermare, guardate lo spettacolo dall'alto») o chiosando parole di vita che hanno la forza delle pietre come in fila a Balata di Baida («qui sono dieci anni che c'è lo smottamento, fanno sempre le strade, le fanno di sopra e le fanno di sotto, ma lo smottamento c'è sempre»).

Gli chiedo: Salvatore, ma quanti sono gli abitanti del Comune di Valderice e quanti sono i dipendenti comunali? «Gli abitanti sono 12mila, i dipendenti sono 100 di ruolo e 120 precari, ma siamo noi i precari a mandare avanti le cose». Non siete troppi? «Ripeto, siamo noi a mandare avanti le cose». Si sente per un attimo colpito nel vivo e vuole mettere qualche puntino sulle i, vuole fare capire che lui ha sempre lavorato tanto e bene, e ricomincia così a raccontare la trama della sua vita. «Sono di Palazzo Adriano, un paesetto medievale, ho studiato a Palermo e sono stato assunto alla Spe, la concessionaria di pubblicità, abitavo sotto il Politeama, prima mi hanno dato l'agenzia di Agrigento, poi c'era bisogno a Trapani e mi sono spostato, ho conosciuto mia moglie e non mi sono più mosso. Che tempi belli quelli della Spe di Oscar Maestro! Ricordo che raccoglievo la pubblicità anche per il «Progresso», un giornale italo-americano, e ricordo che c'era un pasticciere di Licata che faceva la pubblicità su questo giornale, non ho mai capito perché, ma pagava e era molto contento. Poi è arrivata la crisi dell'editoria e mi sono ritrovato senza lavoro, mi avevano offerto un'opportunità a Udine ma che facevo con mia moglie impiegata regionale a tempo indeterminato? Che facevo, dovevo chiederle di farsi licenziare o la lasciavo da sola qui?».

Improvvisamente Salvatore fa una smorfia, si ferma, sembra assorto, abbassa la voce e butta lì: «Le ho provate tutte, mi creda, a un certo punto la Regione ci ha fatto fare dei corsi per la depurazione delle acque, sono diventato conduttore di depuratore, ho il diploma e l'ho fatto per un anno, poi sono entrati in gioco gli amici degli amici, io ho la patente europea gli altri no, ma gli altri, gli amici degli amici, hanno il posto». Siamo arrivati a Punta Raisi in perfetto orario e ho capito tante cose. Salvatore ci saluta e si raccomanda: «Se tornate da questa parte, fatevi vivi, questo è il numero, io ci sarò sempre».
roberto.napoletano@ilsole24ore.com

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