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De Gasperi e la vocazione a «lavorare in profondità»

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Memorandum

De Gasperi e la vocazione a «lavorare in profondità»

Paolo Pombeni, direttore dell'Istituto Storico italo-germanico di Trento e editorialista del Sole 24Ore, è prima di tutto un amico. È alle prese con la seconda edizione di quello che lui chiama «il mio volumetto sulla Costituente» e viene fuori, tra una ricerca e l'altra di archivio, la ricorrente passione per De Gasperi: quest'uomo di confine ha messo le basi dell'Italia del miracolo economico che trasformò un Paese agricolo di secondo livello prima in un'economia industrializzata e poi in una potenza economica senza che nessuno gli dicesse grazie, il più laico dei cattolici e il più cattolico dei politici di razza, sempre disponibile anche per l'ultimo dei suoi elettori, a lungo dimenticato, poi improvvisamente riapparso in modo stabile come punto di riferimento per tutti.

Mi scrive Paolo: ho trovato questa bella citazione di De Gasperi, te la giro, perché l'ha ripetuta più volte, ci credeva molto, e soprattutto mi sembra che possa far riflettere anche sull'oggi. Ve la ripropongo perché merita: «Lavoriamo in profondità, senza ambizioni particolaristiche, con alto senso del dovere, non curanti delle accuse di essere troppo a destra o troppo a sinistra, secondo il linguaggio convenzionale della superata topografia parlamentare. In realtà ogni partito realizzatore sta al centro, fra l'ideale e il raggiungibile, fra l'autonomia personale e l'autorità dello Stato, fra i diritti delle libertà e le esigenze della giustizia sociale».(La parola ai democratici cristiani, «Il Popolo» 12 dicembre 1943. Ora in, A. De Gasperi, Scritti e Discorsi politici, vol. III, Bologna, Il Mulino, 2006, pagg. 652- 662. Questo documento sarà ripreso integralmente anche l'anno seguente come programma della DC).

Lavorare in profondità, senza ambizioni particolaristiche, con alto senso del dovere e spirito realizzatore, questo è stato De Gasperi, e aggiungiamo noi lo ha fatto imponendosi una regola inclusiva, coinvolgendo il più possibile, capendo la portata dei problemi e avendo, quindi, ben chiaro che una sfida così ambiziosa si può vincere se si ha dietro il Paese, se si è in grado di coinvolgere e motivare società e tessuto civile, impresa e sindacati, lavoratori e braccianti, intelligenza tecnica e riformismo cattolico, le grandi competenze e le capacità operative giovani e meno giovani.

Questo vuol dire lo «spirito realizzatore» di De Gasperi ed è quello che serve oggi per rialzare la testa e ripartire, con un linguaggio di verità, entrando in profondità nelle cose, dimostrando di volersi misurare con la pesantezza dei problemi e avendo bene a mente che il cammino è lungo, che ci vogliono almeno 5/10 anni perché si cominci a percepire, anche fisicamente, che il quadro sta cambiando e, proprio per questo, il senso di responsabilità deve essere diffuso e trasparente. Il lavoro si costruisce con lo spirito d'intrapresa, ma ha bisogno di un ambiente intorno completamente nuovo, questo è il terreno sul quale si misurano la forza ideale e la capacità operativa del partito realizzatore e di tutti i soggetti economici e sociali.

Dai tempi di De Gasperi è cambiato quasi tutto, il mondo è più complesso e integrato del passato, la crisi globale appare infinita e le diseguaglianze sono tornate a riesplodere, ma alla base di tutto ci saranno sempre le donne e gli uomini, giovani e meno giovani, con quello spirito e quella tenacia che sono necessari per cambiare passo e fare capire al mondo che si fa sul serio. Se il Paese ritrova la sua vocazione realizzatrice e lo fa senza ipocrisie e senza scorciatoie, vorrà dire che la politica ha capito la lezione e ha scelto di «lavorare in profondità».

roberto.napoletano@ilsole24ore.com

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