Cultura

L'UOVO DI NAPOLI

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RANE

L'UOVO DI NAPOLI

Passi per l'Iraq e per l'Afghanistan, ma è possibile esportare la democrazia a Napoli? Chissà se questa domanda, in sé piuttosto demenziale, sfiorerà la mente di qualche lettore nel vedere associato il nome di Michael A. Ledeen, uno di quei neocon su cui la stampa italiana ha intessuto per anni una leggenda nera, a un insolito libro del 2011 appena tradotto dall'editore Tullio Pironti, L'uovo d'oro di Virgilio e altri miracoli napoletani. Fortuna che le domande sceme si prestino a risposte più intelligenti di loro, e che Napoli, per un osservatore straniero, sia una fonte ricchissima di rivelazioni politiche e antropologiche; a patto, beninteso, che l'osservatore osservi davvero, e che non si lasci foderare gli occhi di prosciutto dalla premiata salsamenteria ideologica italiana. Caso di scuola di questo abuso di affettati è l'ex direttore dell'Economist Bill Emmott, autore nel 2012 di un documentario sull'Italia, Girlfriend in a Coma, dove un sadico Pulcinella a cartoni animati tendeva un agguato a Dante e tramortiva la giovane Nazione (!). Ledeen si tiene lontano da questo teatro dei pupi. Nel suo viaggio sentimentale a Napoli ha avuto guide d'eccezione – uno su tutti, il grande storico Giuseppe Galasso – che lo hanno aiutato a scansare gli stereotipi in cui più di frequente incappano i forestieri. Tra i suoi tanti accostamenti inattesi – Napoli e New Orleans, per esempio – Ledeen paragona i napoletani, nel loro rapporto con lo Stato, a quei marrani che si fingevano cristiani per scampare all'Inquisizione spagnola. Docilissimo in apparenza, il napoletano sarebbe intimamente anarchico. Da questa resistenza Ledeen è affascinato, e la vecchia vicenda delle magliette con sopra stampate le cinture di sicurezza lo porta a salutare in Napoli un baluardo contro le burocrazie nazionali ed europee. Dove schiere di visitatori illuminati hanno visto solo storture da raddrizzare con una robusta ortopedia statale, Ledeen vede un segno paradossale di buona salute civica, quasi una promessa informe di liberalismo. Torniamo così alla domanda scema, e al dilemma che fu al centro del primo intervento parlamentare di Leonardo Sciascia, nell'agosto del 1979. Contro chi invocava la “governabilità”, Sciascia sosteneva che l'Italia, a forza di dominazioni, è il Paese più governabile che esista, capace di assuefarsi a tutto. Ma forse è più esatto dire che, come i marrani, gli italiani sono al tempo stesso perfettamente governabili e perfettamente ingovernabili. Il problema, semmai, è l'Inquisizione.

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