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La stagione dei super divi

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YOLO

La stagione dei super divi

Succede a Hollywood: le donne sono pagate meno degli uomini (1). I film con le vecchie fanno i soldi al botteghino (2). “Comica bruttina is the new black” (3). I romanzetti erotici con svolta sadomaso faranno la fortuna degli Studios da qui ai prossimi venticinque anni (4). Di questi tempi, sono i maschi a doversi riposizionare, e di corsa. La vita è diventata difficile per i divoni, costretti a studiare nuovi canoni, nuove forme espressive, nuovi format per fronteggiare la corazzata del femminismo di ritorno, altro che “Se non ora quando?”. I machi si fanno dirigere dalle consorti (Brad Pitt) o si mettono a produrre e recitare i film per la tv (sempre Brad Pitt, prossimamente su Netflix), annaspando alla ricerca di una nuova identità di gender.
Con gran godimento delle signore produttrici, Johnny Depp viene da cinque flop consecutivi negli ultimi cinque anni: The Rum Diary – Cronache di una passione, da lui fortemente voluto (e diretto dal misconosciuto Bruce Robinson), Dark Shadows del sodale Tim Burton, The Lone Ranger di Gore Verbinski, fino a Transcendence e Mortdecai, di autori irrilevanti. L'ultimo ha fatto registrare uno dei più clamorosi record negativi al box office americano degli ultimi anni: appena 7.696.134 dollari incassati in patria, a fronte dei 60 di budget stanziati.
La vulgata ha stabilito che Black Mass – L'ultimo gangster, passato in mezzo a folle esultanti all'ultima Mostra del Cinema di Venezia e nelle sale italiane dall'8 ottobre, è la sua resurrezione, addirittura c'è chi parla di un possibile Oscar. Depp vi recita – pardon: gigioneggia – nei panni di James “Whitey” Bulger, mafiosetto (vero) di South Boston diventato negli anni Ottanta un collaboratore dell'Fbi. Per l'occasione, abbandona le mascherate camp e sceglie il make up impegnato: stempiatura grigia, lenti a contatto azzurre che gli fanno lo sguardo da pazzo, rughe vistose e naso posticcio. Quelle cose una volta riservate a Charlize Theron, che in Monster doveva far dimenticare di essere nata figa, e che ora servono al pirata dei Caraibi per farsi tornare a prendere sul serio dopo gli istrionismi andati a vuoto.
Matt Damon sta simpatico a tutti, ma provate a pensare all'ultimo film starring Matt Damon di successo. Dal 2011, stesso annus horribilis del collega Depp, anche per lui è stata un'ecatombe: We Bought a Zoo (La mia vita è uno zoo) di Cameron Crowe, Promised Land di Gus Van Sant, Elysium di Neill Blomkamp (appena meglio degli altri), The Zero Theorem di Terry Gilliam, The Monuments Men di George Clooney. Restano Behind the Candelabra (Dietro i candelabri) di Steven Soderbergh, che però era per la tv, e Interstellar di Christopher Nolan, dove non era nemmeno accreditato. Prima del nuovo capitolo della saga di Jason Bourne (l'aveva abbandonata, ma ha pensato bene di riprendersela considerati i tempi di magra), il grande rilancio è ora atteso con The Martian di Ridley Scott, in italiano rititolato Sopravvissuto, al cinema dal 2 ottobre. Un survival movie di fantascienza il cui battage pubblicitario è iniziato mesi fa, sperando che la svolta Samantha Cristoforetti del protagonista sia utile agli incassi dei produttori e al suo personale curriculum.
A Bradley Cooper, che rispetto agli altri sembra un ragazzino della “nuova generazione” ma ormai c'ha quarant'anni pure lui, le cose sono ultimamente andate meglio, salvo rare eccezioni. Epperò s'immaginano agenti, produttori e secondi cugini assortiti riuniti attorno al tavolo per ridefinire il suo status di sex symbol altamente a rischio.
«Non è che può fare per sempre Una notte da leoni, o sperare che David O. Russell gli scriva su misura il nuovo American Hustle per fargli vincere l'Oscar. Ci vuole qualcosa per le donne, oggigiorno vanno al cinema solo loro». Fino alla magica intuizione: «Il cuoco! Deve fare il cuoco!».
Ormai è cosa nota: il maschio che cucina è, per le signore di ogni parte del mondo, il nuovo “Cerco un uomo che mi faccia ridere”. Cooper si mette il berretto da masterchef in Burnt, nelle sale italiane dal 29 ottobre. Disossa polli, aggiunge una spolverata di cumino e impiatta come ha insegnato a fare Joe Bastianich.
Un po' come Meryl Streep in Julie & Julia di Nora Ephron, film da sciure del primo spettacolo da 130 milioni di dollari di incasso mondiale. Bradley costretto a diventare un'attempata signora dei fornelli, guarda un po' il femminismo dove ci ha portati.
Note
(1)Il caso passato più prepotentemente alle cronache ai tempi del Sony Hack è quello di American Hustle di David O. Russell, con la protagonista Amy Adams e la co-protagonista – già premio Oscar – Jennifer Lawrence pagate meno del collega Jeremy Renner, poche battute nel film ma pur sempre maschio.
(2)Dopo Marigold Hotel (136 milioni di dollari di incasso totale) e Philomena (100), tra poco ci prova in Italia Woman in Gold con Helen Mirren, già forte dei 55 milioni di dollari raccolti finora.
(3)Il nome Amy Schumer vi basta?
(4)Per questo punto basta ancora meno.

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