Cultura

La fabbrica della ruota e la voglia di innovare di Biella

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La fabbrica della ruota e la voglia di innovare di Biella

La fabbrica della ruota (Biella)
La fabbrica della ruota (Biella)

Mi sono rimasti addosso la gentilezza dei modi e l’orgoglio sobrio di una Biella che non conoscevo e sono contento di avere accettato l’invito della presidente degli industriali, Marilena Bolli, e di essere scappato qui martedì, da Milano, in un pomeriggio piovoso che mi ha restituito il sapore delle cose semplici, il calore dei tessuti lanieri e una voglia di innovare con la forza antica “dell’industria dell’acqua”.

«No, non ci sto ad accettare questo territorio come ripiegato su se stesso, qui c’è ancora l’unico presidio della manifattura laniera nel mondo, qui c’è il 70% della lana di qualità nel mondo, ma qui è successo qualcosa di ancora più importante del distretto biellese del tessile» mi dice Marilena Bolli che guida un’azienda meccanotessile, ma ha la grazia e i toni di una donna che custodisce i segni della sua terra e te li sa indicare. Una corona di colline e di monti, la “forza motrice” dell’acqua dei suoi torrenti, una grande ruota e un sistema teledinamico “pescano” in quei torrenti l’energia che alimenta la macchina tessile e sbatte la lana, si assemblano e confezionano i tessuti più belli del mondo. La guardo e le chiedo: che cosa è successo di più importante?

Che cosa può essere più importante di questo mosaico di natura, sartoria e industria che è un unicum al mondo? Si apre in un largo sorriso e butta lì: «Oggi a Biella le mille facce di un artigianato industriale che corre fuori dall’Italia si incontrano con la nuova economia, qui si incrociano saperi e sapori, il tessile è diventato una piattaforma tecnologica, è la memoria sulla quale costruiamo il futuro, però non è più il solo settore del distretto biellese, il nostro è diventato un eco-sistema con uno dei poli dell’innovazione tra i più avanzati della regione, arte e cucina animano il nostro centro storico, gli ingegneri meccanici con orientamento tessile, gli istituti tecnici superiori e l’economia digitale mettono insieme un passato che si rinnova e un futuro che si costruisce giorno dopo giorno, Sella-lab investe sul talento dei nostri giovani, finanzia idee, crea cultura di impresa e scommette su una terra di imprenditorialità».

Bisogna fermarla, perché la dolcezza non frena l’impeto, ma ti scuote perché percepisci la passione, ed è lo stesso impeto garbato con il quale ti guida nella Vallata di Trivero, a Ponzone ti fa un segno («Questa è la casa e lo stabilimento dei Giletti, i genitori del Massimo televisivo») e poi entri con lei nella “fabbrica della ruota” e scopri le bellezze nascoste del vecchio lanificio Zignone sul torrente Ponzone ristrutturato per “riflettere e pensare” grazie al lavoro certosino degli uomini del Docbi (documenti biellesi) e così rivedi le macchie di olio che hanno impregnato le pareti e non se ne vanno più, le macchine che “rompono” le balle di lana naturali, il battitore e l’albero di trasmissione attivato da uno specialissimo sistema teledinamico che collega la turbina azionata dall’acqua alle macchine tessili, nell’angolo (lanificio Cerruti 1881) spicca un’altra macchina per finire i tessuti attraverso i cardi con arredo e rulli in legno di rovere. A sera intorno a una fratina all’ultimo piano della fabbrica della ruota mi ritrovo tra Alessandro Barberis Canonico, Franco Ferraris (Lanificio Zegna), alcune delle grandi firme del tessile biellese, il banchiere Pietro Sella, c’è un signore con i capelli bianchi che si chiama Gianfranco De Martini e scopro che ha inventato i filtri per i pennarelli e ne vende nel mondo a partire dall’Asia per un miliardo e mezzo, ci sono la Bolli e pochi altri. Ci servono un «risotto consapevole» e Giovanni, la mia guida nella “fabbrica della ruota”, che mi vede perso spiega come se nulla fosse che nel piatto c’è una castagna di un albero della Val di Sessera che ha mezzo millennio di vita e otto metri di diametro, uno degli alberi più alti del biellese. Domando: perché consapevole? Immediata la risposta: semplice, perché simboleggia il rapporto “consapevole” tra il cibo della pianura, il riso, e il cibo della montagna, la castagna. Mi colpisce una frase di Pietro Sella, un nome che pesa perché qui tutto intorno parla della sua famiglia, che chiude l’incontro: «I laureati dopo il 2007 non chiedono nulla, lavorano sedici ore al giorno e non chiedono nulla, ce la possono fare se almeno diciamo che il futuro dipende dal loro lavoro e dal loro impegno». Vuol dire: non priviamoli anche della speranza. Come dargli torto?

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