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Salvare il soldato «ceto medio»

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Salvare il soldato «ceto medio»

«Se la storia insegna qualcosa, è probabile che gli Stati Uniti andranno incontro a un processo di riforme che a sua volta si riprodurrà altrove. Questo perché gli americani hanno sempre anteposto il pragmatismo all'ideologia. Ogni volta che in passato il capitalismo ha raggiunto un momento di crisi, non abbiamo mai optato per il comunismo, il fascismo o altre grandi costruzioni ideali. A più riprese abbiamo salvato il capitalismo dai suoi eccessi, operando le correzioni necessarie. È ora di farlo di nuovo». Questo il messaggio del saggio “Come salvare il capitalismo” di Robert B. Reich – economista di fama internazionale, ex ministro del Lavoro di Bill Clinton e amico personale di Hillary – dove mostra come in questi anni i centri di potere economico abbiano organizzato il gioco in modo da vincerlo sempre e avere le carte migliori all'inizio della partita.

Come mai negli anni 50 “il reddito di un singolo insegnate, un fornaio o un meccanico era sufficiente per comprare casa, aver due automobili e mantenere una famiglia?” “Allora gli amministratori delegati delle grandi aziende ricevevano in media venti volte la retribuzione del dipendente tipo. Oggi in pratica guadagnano duecento volte di più. In quegli anni l'1% più ricco della popolazione portava a casa il 9-10% del reddito totale; oggi l'1% più ricco si prende più del 20% della torta”, dice l'economista liberal dell'Università di Berkeley.

E ancora: “Allora l'economia generava speranza. Il duro lavoro ripagava; l'istruzione era il mezzo per l'ascesa sociale, i figli avevano vite migliori dei genitori; le regole del gioco era stanzialmente eque”. Già proprio le regole del gioco sono cambiate, sono state truccate (qui si sente l'influenza di John Kenneth Galbraith) a vantaggio di monopoli economici ed élite. A differenza di ciò che pensava Karl Marx, che “le diseguaglianze sarebbero aumentate” possiamo cambiare le regole fondamentali del capitalismo che non sono incise sulla pietra ma sono scritte e applicate dagli uomini. Quindi Reich propone un governo “attivista” che riduca il fenomeno della concentrazione e alzi le imposte sulla ricchezza ed investa il ricavato in scuole di qualità e distribuisca ai bisognosi”.

Fin qui niente di nuovo. Reich propone anche di tornare ai “contrappesi che tra gli anni Trenta e Ottanta del Novecento aveva permesso alla piccola e media borghesia americana di esercitare influenza – i sindacati, le piccole imprese, i piccoli investitori e i partiti politici – tutti si sono indeboliti”. La conseguenza? “Un mercato organizzato dai possessori di grandi ricchezze con l'obiettivo di potersi arricchire sempre di più” . La soluzione non è avere più governo o meno governo ma verificare “per chi opera il governo”. Bella domanda di economia politica.

In altri termini Reich dice che le vecchie divisioni tra Repubblicani e Democratici non contano più . “Il vero spartiacque sarà tra establishment e anti-establishment, … tra gli ultraricchi e la maggioranza dei cittadini”. Insomma occorre ricreare i contrappesi che cinquant'anni fa erano la chiave della prosperità”. Vista così l'estrema disparità nella distribuzione dei redditi che stiamo sperimentando ormai da molti anni deriva soprattutto dal nostro modo di organizzare il mercato in modo più equo e competitivo. Il punto focale per Reich non è tanto o solo togliere ai ricchi per dare ai poveri con la imposizione progressiva delle imposte, ma darsi regole che portino verso una più equa distribuzione già nella fase di produzione della ricchezza, anziché redistribuire a posteriori. Lavorando con una mano invisibile sulla durata dei brevetti e sui monopoli, ad esempio. Complicato? Probabilmente sì ma il futuro è una sfida senza certezze.

Come salvare il capitalismo
Robert Reich
Fazi editore, pp.332, 22 euro

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