C'è stato un tempo in cui Napoli era più che mai a stelle e strisce, vecchia capitale di regno e insieme nuovo consolato statunitense, terra d'America del Mezzogiorno d'Italia. Storie del secondo dopoguerra, quando a largo del Golfo facevano staffetta le portaerei, la Nato in città dava lavoro e dopolavoro, il costume partenopeo era un precipitato dell'American Style. E per i vicoli di Santa Lucia era facile incrociare marines in libera uscita con la passione per il jazz.
Pure la canzone napoletana, genere con il quale si confrontavano artisti d'ogni parte d'Italia, «parlava» americano, grazie a una nuova generazione d'autori che non aveva timori di sorta quando si trattava di infilare nello spartito le note blue. A questo immaginario è dedicato «Malia. Napoli 1950-1960», ultimo album di Massimo Ranieri in uscita per Sony Music, lavoro costruito con un ensemble che riunisce il gotha del jazz italiano contemporaneo: Enrico Rava alla tromba, Stefano Di Battista al sax, Rita Marcotulli al piano, Riccardo Fioravanti al contrabbasso e Stefano Bagnoli alla batteria. Dodici canzoni provenienti direttamente dal decennio «americano» di Napoli – da «Accarezzame» a «Resta cu'mme», passando per «Tu vuo' fa' l'americano», «Ue ue che femmena» e «Malatia» - esportate in territorio jazzistico con garbo, raffinatezza ed equilibrio. Grande regista dell'intera operazione è Mauro Pagani, produttore, autore degli arrangiamenti e all'occorrenza bouzuki e ukulele. Non nuovo a collaborazioni con l'interprete di «Se bruciasse la città». Proprio le Officine Meccaniche, il suo studio di registrazione in riva al naviglio grande dove l'album è stato prodotto, ospitano l'incontro con la stampa per il lancio del disco che può essere interpretato come lo spin off di un progetto più ambizioso: a novembre, sempre per Sony, uscirà infatti la «Piccola enciclopedia della canzone napoletana» che, nelle versioni in tre e sei cd, riunirà tutti i lavori realizzati da Ranieri «diretto» da Pagani. Ma «Malia» resta comunque un'altra cosa: «La collaborazione con Mauro – ricorda il cantante - è partita nel 2001. Tra tutti i viaggi da Roma a Milano che ho compiuto da allora fino a oggi e tutti i dischi che ne sono usciti fuori, questo probabilmente è il più bello. Con i precedenti quattro album sono andato sul velluto, facevo qualcosa di più vicino al mio repertorio tradizionale. Stavolta mi sono trovato di fronte cinque musicisti straordinari che mi hanno portato lontano».
Prima di cantare «alzavo il dito e chiedevo a Mauro», a testimonianza dell'enorme rispetto per «quello che con la loro arte stavano facendo». Per contro, Pagani si mette dalla parte di chi suona: «Un disco riesce quando nessuno pretende di strafare. Tutti i musicisti che hanno lavorato a questo progetto mi chiedevano continuamente: “Sei sicuro che non finisco per coprire Massimo?”. Quando ci sono attenzioni di questo tipo, un progetto riesce». La squadra che ha suonato in «Malia» è costituita «in parte da amici miei – specifica Ranieri – come Di Battista che conosco e apprezzo da quando giovanissimo suonava con il grande Michel Petrucciani, in parte da amici di Mauro come Rava, Fioravanti e Bagnoli. Con la Marcotulli avevo già lavorato in passato». E proprio lei, secondo la ricostruzione di Pagani, «ha dato un contributo fondamentale agli arrangiamenti. Si partiva da mie frasi al pianoforte. Lei le riprendeva, arricchendole e rendendole infinitamente migliori con quel tocco che solo i grandi strumentisti sanno avere». Quanto alla scelta del repertorio, «mi sono fatto aiutare – ricorda Ranieri – dalla memoria di quegli anni. Ero un ragazzino quando a Napoli c'erano gli americani. Queste canzoni mi arrivavano da Capri, ma anche dai night cittadini». Come l'E.M. Club, ad angolo tra via Medina e piazza Municipio «dove, ancora giovanissimo, mi sono esibito per una platea di militari americani in libera uscita. Neanche sapevo l'inglese. Improvvisai “I like to be in America” che un giorno avrei scoperto essere il tema di “West Side Story”». La paura principale era quella di «ranierizzare queste straordinarie canzoni. Mauro me l'ha impedito». Il progetto a gennaio avrà una vetrina nel nuovo show di Ranieri per Rai Uno mentre in estate si punta a tappe in alcuni dei principali festival jazzistici d'Europa. Ancora una volta, potrebbe uscirne qualcosa di veramente interessante. In un mercato musicale contemporaneo dominato dai dischi furbi, «Malia» è un disco intelligente. Non è affatto un'operazione commerciale, ma potrebbe vendere. E meriterebbe di vendere.
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