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Stroncatura preventiva di questo numero

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LA MACCHINA DEL FANGO

Stroncatura preventiva di questo numero

Altre 140 pagine di fuochi d'artificio grafici e verbali per dire, in sostanza: «Non hanno il pane? Dategli la banda larga! E poi, già che ci siete, sostituiteli anche con dei robot».
Ma no, sto esagerando. Perché il numero di novembre è sportivo nel doppio senso della parola. Cioè non solo nel senso che parla di Nba (è quello, il vero sport, per chi passerà il Natale a Manhattan), ma pure nell'accezione di fair.

Voglio dire che l'abituale ininterrotto spot al libero mercato lascia spazio a pallottole impazzite (un po' come un'ipotetica Mondazzoli che però convince Adelphi a restare dentro al gruppo). Pallottole tipo Vincenzo Latronico, che, ottimista come un Ray Bradbury dopo un aperitivo con Adorno, osa mettere in dubbio l'impiego di robot nei magazzini di Amazon. O tipo Fabio Severo, che ha il fegato di parlar bene dei film di Gaudino e di Guadagnino (io li ho visti, e per farla breve e inoffensiva vi dico che sono rivolti a quel tipo di pubblico che crede davvero che il colosso Apple sfratti il piccolo e povero cinema Apollo di Milano).
La doppia natura di questo numero si sublima nel pezzo di Masneri su “zia Deirdre”, l'economista ultra-liberista che va in chiesa e che, pur dando amabilmente del cretino a Piketty, raggiunge comunque il pubblico di sinistra grazie al fatto che è letterata… che è stata marxista… ma soprattutto che è stata UOMO, e MACHO; e che, proprio come una classica vittima della società brutta e cattiva pre-gender, ha dovuto rinunciare al rapporto con l'ex moglie e ai figli prima che all'amicizia con Varoufakis. (E qui, la verità supera il romanzo. Chapeau).
Un colpo al cerchio e uno alla botte, la diabolica architettura di questo numero riesce a portarci dalla pena per il povero impiegato del magazzino Amazon che neanche i dipendenti di Eternit, a un'ode sperticata alla tecnologia, ottima anche come sonnifero nel tratto in cui Guido De Franceschi si lancia in una dissertazione sulla differenza tra banda larga e ultralarga. Mi sono svegliata un attimo quando forniva un dato interessante: che gli italiani sono praticamente gli unici in Europa a usare il telefonino anche da casa per connettersi; e lo diceva un po' in quel modo che si capiva che invece «noi di IL cambiamo un Mac all'anno e cerchiamo di non prendere mai l'autobus per non sfiorare quei pezzenti con lo smartphone col vetro rotto che vivono ancora come fosse il 1998» (sottotesto del sottotesto: ma dai, voi non andreste più volentieri a cena con un robottino del signor Amazon!?).
Ancora a proposito di Amazon: se almeno Latronico fosse riuscito a spiegarci in italiano come diamine funzionano i nuovi macchinari di smistamento pacchi, l'articolo si sarebbe anche potuto salvare, invece non ci si capisce un'acca. Lui, almeno, l'avrà capito? Nel caso, Vincenzo, mandaci un disegnino via Twitter.
Il mio pezzo preferito del mese invece è quello di Ester Viola sul binge watching, una nuova parola che indica l'abitudine a guardare serie tv tutte le sere. Viola dice che guardare troppe serie ci ammala, ma che con le serie ci si può anche curare, e dunque ci prescrive un geniale cocktail di medicinali televisivi contro ogni sorta di mania.
Secondo me, la serie con cui si sono ammalati quelli di IL è Homeland, e quella con cui si dovrebbero curare è Transparent, che recensiscono positivamente solo per fare i democratici, ma in realtà gli fa schifo, un po' come un conservatore che si mostra open-minded e si produce in un sorriso tirato al passare del corteo del Gay Pride.
Sapete qual è il loro problema? Che per esempio questo mese volevano mettere LeBron James in copertina, ma non hanno avuto coraggio, allora ci hanno messo una treccia di capelli fucsia (ah, non è una treccia di capelli fucsia?). Sono un po' come un trans che invece di farsi l'operazione si mette solo il mascara. Eh sì, per piacerci davvero, IL dovrebbe fare qualcosa di simile a “zia Deirdre”. Ovviamente, non diventare più di destra, quello è impossibile. Diventare, ma per davvero, un po' più femmina.

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