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«La doppia vita» di Giacometti

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NATIONAL PORTRAIT GALLERY

«La doppia vita» di Giacometti

Alberto Giacometti aveva una doppia vita: questa è una delle rivelazioni della grande mostra che apre questo fine settimana alla National Portrait Gallery, la prima mai dedicata solo ai ritratti dell'artista svizzero, con oltre 65 opere tra quadri e sculture.
Nato nel 1901 a Borgonovo, vicino al confine italiano, Giacometti era cresciuto con l'incoraggiamento del padre pittore post-impressionista ma anche nella sua ombra. I primi quadri, tra cui un autoritratto e un ritratto della sorella Ottilia, sono dipinti nello stile e con i vivaci colori del padre. Dopo il trasferimento a Parigi a vent'anni l'artista aveva frequentato i circoli surrealisti ed era diventato sempre più sperimentale. Quando tornava in Svizzera in vacanza, però, continuava a fare ritratti di famiglia in uno stile più convenzionale, come a rendere omaggio al padre.

“Giacometti aveva una doppia vita, - spiega il direttore della mostra Paul Moorhouse. – Era legatissimo alla famiglia e in Svizzera mostrava un lato della sua personalità artistica, mentre a Parigi ne mostrava un altro.” Dopo la morte del padre, e dopo la devastazione della seconda guerra mondiale, Giacometti trovò il suo stile personale, unico e assolutamente riconoscibile.
Focalizzando l'attenzione solo sui ritratti, la mostra fa un'altra rivelazione su quanto siano stati importanti per Giacometti sia come uomo che come artista. La prima opera da lui realizzata, a 13 anni, è un busto del fratello Diego. L'ultima opera in mostra, del 1965, è un busto del fratello Diego. Non è un caso: Giacometti ha disegnato, dipinto e scolpito numerosissime volte nel corso della sua vita i visi delle stesse persone, quelle che più amava e che meglio conosceva perché aveva bisogno dell'intensità del rapporto personale per creare.

La mostra dedica quindi una sala a ognuna delle persone più significative: l'amatissima madre Annetta, il fratello Diego, la moglie Annette e l'amante degli ultimi anni Caroline. Ci sono anche ritratti di amici come Jean Genet. “Dal 1914 alla sua morte nel 1966 Giacometti ha sempre mantenuto un profondo interesse per i ritratti, è stata una costante della sua arte, come l'ossessiva ricerca della vera realtà,” spiega Moorhouse.
Il suo obiettivo, diceva l'artista, era “cogliere esattamente l'apparenza”. Compito impossibile perché i volti e le espressioni delle persone cambiano continuamente.

Giacometti voleva cogliere una realtà sempre sfuggente e per questo torna sempre agli stessi visi conosciuti, in un processo di riduzione progressiva fino a scoprire l'essenziale.
Le sue figure ieratiche, immobili, dallo sguardo fisso, sono come dèi primitivi, come le statue etrusche che Giacometti tanto ammirava. Come le più grandi opere d'arte, sono eterne e fuori dal tempo. Jean-Paul Sartre, che aveva arruolato l'artista tra gli esistenzialisti, scrisse che la sua opera era “una mediazione continua tra il nulla e l'essere”.

Giacometti: Pure Presence
15 ottobre 2015 – 10 gennaio 2016
National Portrait Gallery, Londra
www.npg.org.uk/giacometti

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