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Scuola-lavoro, il futuro di Pompei

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STATI GENERALI DELLA CULTURA

Scuola-lavoro, il futuro di Pompei

L’alternanza Scuola-Lavoro è un punto fondamentale della Legge 107/2015, cosiddetta “La Buona Scuola”. Promuove e incardina nell’ordine disciplinare dell’istruzione un numero di ore (200 per i Licei, 300 per gli Istituti Tecnici Professionali, durante l’ultimo triennio con orari anche pomeridiani) che lo studente trascorre presso imprese ed enti, pubblici e privati. Consentitemi di dirlo con chiarezza: è il più ambizioso tentativo di ribaltamento dello schema educativo della scuola italiana, ancora incardinato sullo schema «prima imparo, poi faccio».

Da quest’anno la direzione cambia: la pratica diventa strumento di apprendimento e di potenziamento delle competenze.

Non per copiare la Germania, vorrei sottolineare, ma per copiare l’Italia che fu e l’Italia che funziona: quella delle botteghe rinascimentali, quella dell’innovazione diffusa delle nostre multinazionali tascabili, per cui vivere e comprendere la bellezza e il lavoro che sta dietro di essa diventa un elemento fondante del gusto, dello stile, della cultura italiana.

L’alternanza supera culturalmente lo stage: propone una formazione congiunta che accade nella realtà del lavoro. Rilancia, attraverso un attento processo di controlli, verifiche, certificazioni elaborate da docenti e da tutor delle imprese, il dinamismo laboratoriale, innovativo e creativo di una Scuola che torna ad essere un’agenzia del territorio, il soggetto protagonista che sa orientare, che non rincorre il lavoro, ma coglie e inventa nuove opportunità al lavoro stesso.

È un progetto strategico esecutivo e strutturale: dal 2016 il Miur investe sulle scuole in alternanza 100 milioni di euro l’anno. Più di dieci volte l’anno scorso. L’obiettivo primario è mettere lo studente al centro di processi curriculari e disciplinari rigenerati da un’esperienza di formazione congiunta costruita attraverso l’apertura della scuola al mondo esterno.

Una formazione che riduce dispersione scolastica e favorisce non solo e non tanto la professionalizzazione – i lavori che faranno i nostri figli tra dieci anni ancora non esistono – ma anche le competenze trasversali, la creatività, l’etica della responsabilità, il lavoro in gruppo. In una parola, diamo basi solide a un nuovo protagonismo delle nuove generazioni.

Nel modello di alternanza all’italiana che stiamo costruendo, il lavoro non diventa strumento di apprendimento solo per i ragazzi dei tecnici e dei professionali, ma anche per i loro colleghi che hanno scelto i licei. In questo caso la collaborazione con gli enti locali, e con le istituzioni culturali del nostro Paese diventa essenziale.

Un’istruzione che miri ad una formazione critica, prammatica, processuale, di reale apertura alle identità dei territori e al valore della cittadinanza attiva, trova nel patrimonio culturale un’occasione di formazione essenziale. L’alternanza scuola lavoro può essere lo strumento che sancisce l’alleanza tra istruzione e cultura.

L’idea è semplice: la formazione come esperienza di valorizzazione del patrimonio, il patrimonio come esperienza di potenziamento della formazione. Attorno a questa decisione è nato il Protocollo d’Intesa tra il Miur e il Mibact «per creare occasioni di accesso al sapere attraverso la messa a sistema di istruzione e cultura, al fine di sviluppare una società della conoscenza».

Il patrimonio, nelle sue «sfide legate a trasformazioni di carattere culturale, ambientale, sociale, economico e tecnologico», è di per sé il primo banco di verifica di un’istruzione che sappia essere profondamente contemporanea e cioè capace di sviluppare il capitale sociale.

La formazione diventa il primo volano per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale. Il patrimonio è salvaguardato, tutelato, valorizzato quanto più risulti una forma potenziale di crescita e di istruzione, cioè un cantiere aperto di metodologie, di problematicità ed esperienze – quel laboratorio vivente in cui la formazione dei nostri studenti sappia essere “verticale”, identitaria, legata alla memoria storica, ma al tempo stesso “orizzontale”, trasversale, delocalizzata, interculturale, innovativa, al passo con i mezzi e i linguaggi della trasmissione dei saperi.

Il primo progetto, che nasce dall’intesa Miur-Mibact, è il “Sistema Pompei”: uno dei grandi simboli del patrimonio mondiale che diventa il palcoscenico di formazione e valorizzazione in alternanza scuola lavoro. Siamo al lavoro con il ministro Franceschini e la Sovrintendenza di Pompei per mettere a sistema un’esperienza formativa per più di 1000 allievi in una rete di 15 scuole, la collaborazione di molteplici soggetti pubblici e privati.

I ragazzi si cimenteranno, mettendo a sistema una fitta rete territoriale (area archeologica, scuola, enti locali, imprese, terzo settore) e una formazione in itinere capace di produrre esperienza di competenze nel momento in cui si valorizzano prodotti e servizi di identità locale: percorsi informatici, percorsi di marketing culturale, percorsi sull’ambiente e il paesaggio, inclusa la cura del verde, percorsi artistico-scientifici, percorsi tecnico-diagnostico.

Si sta parlando molto in questi giorni del “pensiero critico”, soprattutto su proposta di Armando Massarenti: la riflessione sul ruolo dell’educazione quale strategia fondamentale per riformare la società contemporanea. Il progetto di alternanza nel “Sistema Pompei” è un esempio forte di un pensiero critico avanzato.

Il tema strategico del patrimonio verticalizza l’idea di istruzione che non è mai formalistica acquisizione di abilità, bensì un concreto, consapevole esercizio del senso civico: la consapevolezza, la cura del paesaggio e delle cose; la realizzazione di beni e azioni culturali che rilancino il patrimonio territoriale, così la memoria, la ricchezza di una problematicità aperta a cui ciascuna generazione deve dare la propria risposta.

Il Sistema Pompei è un modello da replicare su tutto il territorio nazionale. E sono già tanti i casi di scuole che, con successo, stanno cogliendo l’opportunità della legge 107 per costruire percorsi di alternanza nel campo della cultura. Sarebbe positivo se questa e altre testate si impegnassero a dare evidenza, nei mesi a venire, a queste positive novità.

Il Governo sarà al fianco delle scuole per assicurare che la transizione verso il nuovo modello educativo possa svilupparsi al meglio. E per far sì che la scuola, ciascuna scuola, sia asse e volano della creatività e del lavoro, motore del patrimonio culturale, della coesione sociale e multiculturale dei territori.

Stefania Giannini è ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

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