Ama definirsi un purista della danza. Tra i meno concettuali, più fisici e sensuali del panorama internazionale della danza, Emanuel Gat si è distinto per una musicalità di forte personalità (ha studiato musica e doveva fare il direttore d'orchestra) che lo ha portato a lavorare su partiture di grande impegno, come la monumentale “Arte della fuga” di Bach, abbinando l'irrequietezza della danza versione salsa al “Sacre” di Stravinsky, un duetto maschile ad alcuni Lieder di Schubert, i passi di disco al “Requiem” di Mozart, o i dodici violoncelli della musica di Xenaxis come base per uno scatenato hip hop. Ma il coreografo israeliano, stabilitosi da anni in Francia, predilige anche il silenzio, i rumori ambientali, il respiro dei danzatori, sperimentando il suono stesso del movimento quale strumento musicale.
Ed è questa relazione tra suono, voce, e movimento, ad attivare il processo coreografico di “Plages romantique” (ospite al festival fiorentino Umano), facendo spostare nel vasto spazio vuoto i corpi dei dieci danzatori. Il titolo deriva da una canzone francese degli anni ‘60. E a cantarla, accennandola, è un danzatore davanti ad un microfono e con la chitarra in mano al cui suono, subito interrotto, si innescano le danze. Sequenza che si ripeterà altre volte preceduta da presentazioni al microfono di alcuni degli interpreti. La musicalità del gruppo, sempre giocoso, indagato nei suoi comportamenti sociali e individuali, nasce da un'osservazione dei meccanismi del tempo. Da qui il ludico fluire composito e armoniosamente slabbrato, fatto di corse e fermo-immagine, di intrecci, di sguardi e toccamenti che generano gesti, che aprono continue interazioni e possibilità creative. Come se si generassero nuove domande nella composizione e tra gli interpreti. L'atmosfera è estiva.
La denotano la luce calda e i costumi di camicie e pantaloncini. È la “spiaggia romantica” dove, effimeri come l'estate, si consumano, ma senza voler raccontare, gli incontri che risuonano nella canzone “Voglio amarti a modo mio”. C'è un humour leggero, a tratti malinconico, giocato con le prese, gli arresti, gli slanci, le sfrontatezze, le complicità, le grida chiassose e i brusii degli stessi performer che si mescolano a voci, schiamazzi e suoni esterni. Si chiamano l'un l'altro con i loro nomi disponendosi nello spazio in posture scomponibili mentre gli altri si fermano a guardare il singolo. Si rincorrono, si attaccano teneramente, si provocano, con rapidità, per fermarsi di colpo ascoltando solo il loro respiro. È questo contrasto tra ritmi, cadenze e silenzio a modificare la nostra percezione e visione, e il nostro “ascolto”. Se ne ammiriamo la semplicità del movimento, la casualità – apparente – elegante e sinuosa, alla lunga, svelato il meccanismo di costruzione, la coreografia non sorprende più. Tutto scivola cancellando ciò che poco prima si era disegnato sulla scena.
“Plages romantique”, coreografia, luci e colonna sonora Emanuel Gat, colonna sonora in collaborazione con Frédéric Duru e François Przybylski, produzione Emanuel Gat Dance, coproduzione Festival Montpellier Danse 2014. Al Teatro La Pergola di Firenze per il festival “Umano. Cantieri internazionali sui linguaggi del corpo e della danza”. Fino al 31 ottobre.
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