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«Che cos'è la giustizia?»

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«Che cos'è la giustizia?»

L'idea di giustizia, osservò Platone nella “Repubblica”, è talmente importante che nemmeno una banda di ladroni può farne a meno. Per rapinare o commettere crimini i malviventi che ne fanno parte si devono dare delle norme; contrariamente non sarebbe per loro possibile coordinarsi, agire, meno che mai spartire un bottino. Per questo e per altri motivi i nostri giorni sono percorsi da continue domande sulla giustizia. Dacché in politica la corruzione (e sovente gli esempi confermano) è giunta ai livelli più bassi, nella società nasce spontanea l'esigenza di riformulare le coordinate di una parola che fu autorevole e oggi cerca di cavarsela, o quanto meno si arrangia.

Mentre Adelphi pubblica di Carl Schmitt “Stato, grande spazio, nomos”, opera che prevedeva i problemi oggi considerati più importanti e scritta prima che si inventasse il termine “globalizzazione”, Quodlibet – piccola ma attenta e prestigiosa casa editrice di Macerata – propone di Hans Kelsen una raccolta di testi sotto il titolo “Che cos'è la giustizia?”(pp. 240, euro 18). Innanzitutto va ricordato che fu uno dei massimi pensatori “giusfilosofici” del secolo scorso (era nato a Praga nel 1881 e morì in California nel 1973) e a lui è legato il nobile intento programmatico di conseguire una conoscenza del diritto non influenzata da giudizi di valore. Il titolo del libro di Quodlibet, “Che cos'è la giustizia?”, è il medesimo che Kelsen utilizzò nel 1952 per la sua lezione di congedo dall'insegnamento. Un quesito che egli riteneva più importante di quello posto da Pilato a Gesù: “Che cos'è la verità?”.

Per utilizzare le stesse parole di Kelsen si può aggiungere che “la giustizia è principalmente una possibile (ma non necessaria) qualità di un ordinamento sociale che regoli le relazioni reciproche tra gli uomini. Essa è soltanto subordinatamente anche una virtù dell'uomo: un uomo è giusto, infatti, se il suo comportamento si conforma alle norme di un ordinamento sociale che si ritiene essere giusto”. Certo, si pone poi la successiva questione del significato di un “ordinamento sociale” giusto, comunque Kelsen affrontò anche tale problema.

Nel libro, curato da Paolo Di Lucia e Lorenzo Passerini Glazel, sono raccolte anche due lezioni inedite del 1949; inoltre è da ricordare un saggio presente del 1962 dal titolo “Politica, etica, diritto e religione” nel quale si affronta la questione di come le credenze possano determinare l'effettività delle norme di un ordinamento sociale. Da leggersi senza mai dimenticare queste parole di Kelsen: “L'aspirazione alla giustizia è l'eterna aspirazione degli uomini alla felicità”.

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