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Fuga da Napoli tra nostalgia e futuro, nell'omaggio a Patroni Griffi

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Teatro

Fuga da Napoli tra nostalgia e futuro, nell'omaggio a Patroni Griffi

È un teatro di parola, quello di Giuseppe Patroni Griffi. E di personaggi. “Io credo in un teatro che è sempre esistito: il teatro dei personaggi più che delle storie… degli attori che incarnano il senso di quello che avviene”. Così si legge in uno dei suoi scritti. Visione che si confà a un regista come Francesco Saponaro che della parola, tradotta in azione, è appassionato cultore. È nota la sua attenzione agli autori napoletani, come Eduardo De Filippo, Raffaele La Capria e Enzo Moscato, dei quali ha messo in scena spettacoli bellissimi, e ai quali aggiunge ora, come a tessere un filo rosso di quella drammaturgia partenopea tra ieri e oggi, un testo quasi mai frequentato di Patroni Griffi (unico a metterlo in scena fu Francesco Rosi nel 1963): “In memoria di una signora amica”.

E ne fa un concertato di voci e presenze di diverse generazioni, come lo è la tematica dello spettacolo con il conflitto generazionale che agita i protagonisti, tra desideri, ricordi, ansie, sconfitte, ambizioni, rassegnazione, ricerca d'identità; e quel prorompente desiderio di partire, di fuggire da Napoli a Roma – che riflette l'autobiografia dell'autore –, per farvi ritorno dopo aver coltivato aspettative poi disilluse. Siamo nella Napoli povera dell'immediato dopoguerra costretta ad espedienti meschini per la sopravvivenza. La messinscena si svolge in quattro quadri tra le due città, con, all'inizio, la protagonista, Mariella Bagnoli, che polemizza dapprima con le amiche alle quali affitta il soggiorno per la quotidiana partita a poker, poi con la prostituta a cui noleggia una stanza per i suoi incontri.

Per mantenere salda la sua condizione sociale di borghese, la donna – la brava Mascia Musy – ha fatto di quella casa un luogo di traffici ritenuti illeciti dal figlio Roberto - un giovane intellettuale inquieto che abita con lei – che la contesta per questa sua attività. Roberto partirà per la capitale per lavorare alla radio, raggiunto più in là malvolentieri dalla madre che infine farà ritorno alla sua Napoli. Nel mezzo un via vai di personaggi di classi sociali differenti, tra cui la figura di un professore d'orchestra, antifascista, amante della musica dodecafonica di Schönberg, contrapposta, nello spettacolo, a quella di Šostakovič della quale udiamo le note della Quinta Sinfonia ad apertura di sipario con il giovane Roberto mimare la direzione d'orchestra dalla buca del teatro.

Costretto a fare l'archivista al Conservatorio il professore – un Tanino Taiuti superbo nelle sue variazioni recitative – rappresenta il detentore di tutta quella forza culturale di una città che non vuole piegarsi anche linguisticamente all'Italia fascista. La scelta di questo testo, pur datato, è un doveroso omaggio a un autore che si pone come ponte tra due modelli di riferimento della drammaturgia del ‘900 – De Filippo e Moscato –, e al quale il Mercadante di Napoli ha dato rilievo nella scorsa stagione con l'allestimento di un altro titolo. Saponaro dirige con sapienza registica una compagnia eterogenea di diversa estrazione attoriale orchestrandola sulla scena di Lino Fiorito, che ha creato un ambiente in un'unica scenografia, poi modulabile, che rimanda anche ai ricoveri della Napoli della guerra, e sulla quale campeggia come una cartolina il paesaggio del Vesuvio.

Spegnendo le luci sulla morte della protagonista, Saponaro chiude lo spettacolo con la suggestiva adunanza di tutti i personaggi dietro la sua poltrona, come fantasmi di un mondo ormai scomparso, di una memoria lontana.

«In memoria di una signora amica»
con Mascia Musy, Fulvia Carotenuto, Imma Villa, Antonella Stefanucci, Valentina Curatoli, Edoardo Sorgente, Eduardo Scarpetta, Tonino Taiuti, Clio Cipolletta, Carmine Borrino, , Giorgia Coco, Giovanni Merano, Anna Verde, scene e costumi Lino Fiorito, luci Cesare Accetta, musiche composte ed eseguite al pianoforte da Mariano Bellopede. Produzione Teatro Stabile di Napoli.
Al Mercadante fino al 15 novembre, e al Franco Parenti di Milano, dal 17 al 22.

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