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La saga di «Hunger Games» si chiude senza guizzi

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La saga di «Hunger Games» si chiude senza guizzi

Un ultimo capitolo con poche frecce al proprio arco: arriva nelle sale la conclusione della fortunata saga di «Hunger Games», ma il gran finale, intitolato «Il canto della rivolta – Parte II», non è scoppiettante come in molti si auguravano.

La narrazione segue quanto si è visto nel terzo episodio e descrive le fasi finali della rivolta capitanata dall'eroina protagonista Katniss Everdeen, la coraggiosa arciera interpretata come sempre da Jennifer Lawrence, che si troverà a scontrarsi direttamente con il temibile e potente presidente Snow. Ispirata ai romanzi di Suzanne Collins, la saga di «Hunger Games» al cinema ha sempre vissuto di alti e bassi, e non fa eccezione questo quarto e conclusivo episodio. La confezione non è niente male, ma l'andamento narrativo è spesso prevedibile e il ritmo funziona a fasi alterne.

A livello di qualità, è in linea con i precedenti capitoli, anche se c'è qualche momento emozionante in più: il merito non va tanto al regista Francis Lawrence (già autore di «Hunger Games: La ragazza di fuoco» del 2013 e «Hunger Games: Il canto della rivolta – Parte I» del 2014), quanto alla convergenza della conclusione della saga. Piacerà ai fan. Trascurabile per gli altri.

Tra le nuove uscite, da segnalare anche «A testa alta» di Emmanuelle Bercot Protagonista è Malony, un adolescente tormentato finito nel vortice della delinquenza giovanile. Proveranno ad aiutarlo, e a riportarlo sulla retta via, un giudice (Catherine Deneuve) e un assistente sociale (Benoît Magimel). Scelto come film d'apertura dell'ultimo Festival di Cannes, è un classico racconto di formazione, in cui un ragazzo è chiamato a ritrovare quella fiducia negli adulti che aveva perso molto tempo prima.

La regista francese tiene la macchina da presa costantemente vicino al volto del protagonista, cercando di catturarne le emozioni, le inquietudini e le paure. Una storia del genere avrebbe avuto bisogno di freschezza e spontaneità, e invece la sceneggiatura è troppo studiata a tavolino e le sequenze retoriche non mancano (la storia d'amore tra il protagonista e la figlia di una sua “insegnante”; l'incidente automobilistico con a bordo il fratellino più piccolo).

Deneuve e Magimel non sono intensi come sempre, mentre s'impegna decisamente di più Rod Paradot, esordiente che veste i panni del protagonista Malony.
Risultato: così così.

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