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Torino Film Festival: il fascino di «Cemetery of Splendour» e…

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CINEMA

Torino Film Festival: il fascino di «Cemetery of Splendour» e «The Forbidden Room»

Il Torino Film Festival, si sa, è da sempre la casa del cinema sperimentale e di pellicole d'autore anticonvenzionali e diverse da quelle che solitamente la nostra distribuzione porta in sala. Anche quest'anno, la kermesse piemontese non si smentisce e già in questi primi giorni sono stati presentati numerosi lungometraggi originali e distanti da logiche prettamente commerciali.

Nella sezione Onde, ad esempio, è stato proposto «Cemetery of Splendour», ultima fatica del thailandese Apichatpong Weerasethakul.
In un ospedale allestito in una ex scuola, diversi soldati sono ricoverati a causa di una misteriosa malattia che li ha fatti piombare in un sonno profondo. Un'anziana del villaggio vicino si affeziona a uno di loro e inizia a prendersi cura di lui.
È un film suggestivo, che si muove in una dimensione sospesa tra la vita e la morte, dotato di un'atmosfera incantevole e inquietante allo stesso tempo.
Certo, il ritmo statico è fin estenuante in alcuni passaggi, ma se si accettano le regole del gioco, si verrà premiati da una visione mai banale e ricca di stimoli visivi (notevole l'uso della luce) e sonori di grande spessore.
Il risultato è uno dei migliori film dell'autore thailandese, nettamente superiore a «Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti», generosamente premiato al Festival di Cannes con la Palma d'oro nel 2010.

Ancor più sperimentale e fuori dagli schemi è «The Forbidden Room» di Guy Maddin, autore canadese amatissimo dai cinefili di tutto il mondo e celebre per creare lavori innovativi utilizzando gli stilemi del cinema muto.
Come tutti i suoi film, anche quest'ultimo lungometraggio è un'opera non semplice da riassumere. All'interno di un sottomarino, compare improvvisamente un boscaiolo che nessuno dell'equipaggio aveva mai visto prima: sarà l'inizio di un viaggio nei meandri più oscuri e reconditi della psiche umana.
Inserito nella sezione After Hours, «The Forbidden Room» è un lungometraggio composto da tanti brevi episodi che si alternano incessantemente: sembrano i molteplici tasselli di un complesso mosaico, composto da sogni che puntualmente si trasformano in incubi terribili. Cambiano gli spazi e i tempi, mentre la visione si fa sempre più stratificata, contorta e affascinante al tempo stesso.
La durata è indubbiamente probante (135 minuti appaiono troppi), ma le suggestioni sono talmente numerose che non si possono staccare gli occhi dallo schermo.
Maddin, che ha firmato l'opera insieme al suo assistente Evan Johnson, dimostra ancora una volta la sua straordinaria capacità tecnica: accelerazioni improvvise vengono seguite da momenti più meditativi, i colori si modificano continuamente e così anche gli stili visivi, che richiamano il cinema dei primi decenni del Novecento.
Non è cinema per tutti, ma resta un raffinato omaggio al passato della settima arte.

Decisamente più convenzionale, invece, «Suffragette», scelto come apertura del Festival.
Al centro la ribellione delle donne per la disparità di trattamento rispetto agli uomini all'inizio del Novecento: tra queste, c'è Maud, giovane moglie e madre che si unisce alle rivendicazioni.
Diretto da Sarah Gavron (alla sua seconda opera di finzione dopo «Brick Lane»), è un film che fa luce su un importante pezzo di storia poco trattato dal mondo del cinema.
Gli intenti sono nobili e l'impegno si nota, ma manca quasi sempre un degno respiro cinematografico e non ci sono grandi sequenze da ricordare.
Si poteva fare di meglio, anche perché il cast è composto da un parterre di attrici importanti: da Carey Mulligan a Helena Bonham Carter, passando per una certa Meryl Streep.

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