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Grande cinema al Torino Film Festival con «The Assassin» e…

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Grande cinema al Torino Film Festival con «The Assassin» e «Treasure»

Emozioni forti al Torino Film Festival: nella sezione “Festa Mobile” sono stati presentati alcuni dei titoli più intensi e interessanti visti di recente sul grande schermo.
A svettare è «The Assassin», ultima fatica di Hou Hsiao-hsien, autore nato in Cina e cresciuto a Taiwan che si è aggiudicato con questo film il titolo di miglior regista al Festival di Cannes di quest'anno.
Ambientata nel nono secolo, la pellicola racconta la storia di Nie Yinniang, figlia di un generale iniziata alle arti marziali sin dalla tenera età. Diventata col tempo una temibile assassina, la ragazza rivede dopo tredici anni di esilio la sua terra natale: qui si troverà ad affrontare il proprio passato.

A otto anni di distanza da «Le voyage du ballon rouge», Hou Hsiao-hsien torna dietro la macchina da presa per firmare uno dei lungometraggi più impressionanti dell'anno: dotato di una composizione visiva notevolissima, il film sorprende e colpisce dall'inizio alla fine. Il regista asiatico non filma, dipinge cinema avvalendosi di una fotografia straordinaria, tanto per l'uso delle luci quanto per quello dei colori.

È un film che rinnova le regole del wuxia (il genere “cappa e spada” in salsa cinese) puntando più sui sentimenti che sull'azione, più sulle immagini statiche che sui duelli. Assolutamente da non perdere, nella speranza che arrivi il prima possibile anche in sala.
Altrettanto intenso è «Treasure» dell'autore romeno Corneliu Porumboiu.

Mentre legge al figlio la storia di Robin Hood, un uomo riceve una visita dal suo vicino di casa che gli chiede aiuto per cercare un fantomatico tesoro sepolto nel giardino della villa di famiglia. Insieme, partono alla ricerca del bottino.
Tra i registi romeni più interessanti degli ultimi anni, Porumboiu firma il suo lungometraggio più maturo, capace di partire da una “piccola” vicenda per poi allargare lo sguardo sul passato e il presente del suo paese natale.

È una commedia dai contorni surreali che riflette con delicatezza sulla contemporaneità, senza mai alzare la voce e puntando su toni fiabeschi e mai banali. Anche il cast fa piuttosto bene il suo dovere.
In mezzo a tanti registi già ampiamente affermati, da segnalare un'originalissima opera prima italiana, «I racconti dell'orso» di Samuele Sestieri e Olmo Amato.
Una bambina sogna un monaco meccanico che insegue uno strano omino rosso per boschi e città abbandonate. Durante le loro peregrinazioni, incontrano un orso di peluche ferito e cercano di salvarlo.

Esordio promettente e dotato di tanti spunti interessanti, «I racconti dell'orso» colpisce per il suo apparato visivo e per un soggetto a dir poco anticonvenzionale.
Il film fatica a reggere la durata di un lungometraggio, ma è ugualmente capace di toccare corde profonde ed è dotato di uno sguardo coraggioso e fin sperimentale.
Nonostante qualche passaggio acerbo e un po' ridondante, è un'opera che incuriosisce anche per il coraggio produttivo che ha dimostrato: è stata finanziata col crowdfunding ed è completamente al di fuori delle logiche commerciali dell'industria di casa nostra.

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