Cultura

Il bello deve ancora venire

  • Abbonati
  • Accedi
(none)

Il bello deve ancora venire

Di norma, tendiamo a ritenere che le scoperte scientifiche rappresentino una delle cause dello sviluppo tecnologico: nel momento in cui la fisica e la chimica migliorano, gli inventori possono progettare nuovi prodotti e materiali. Ma è vero anche il contrario: quanto più gli scienziati sono messi in condizioni di avere strumenti migliori (frutto del lavoro di abili artigiani), tanto più essi possono migliorare le proprie conoscenze, il che a sua volta condurrà ad altri progressi tecnologici. Ciò crea un circolo virtuoso a cui dobbiamo quegli eventi miracoli, guidati dalla tecnologia, che hanno creato l’economia moderna.

Non è facile indicare quando il circolo virtuoso abbia avuto inizio, ma c’è stato un accadimento saliente nel diciassettesimo secolo, quando per la prima volta si svilupparono microscopi e telescopi che resero possibile agli scienziati di vedere cose mai viste ad occhio nudo. Lo sviluppo del barometro condusse alla scoperta dell’atmosfera, a cui sarebbero seguiti i motori a vapore (cioè, atmosferici). Il processo accelerò dopo il 1750. Un altro esempio: la più grande svolta nella medicina del diciannovesimo secolo - la scoperta che i germi causano le malattie - fu resa possibile dai migliori microscopi. La crescita economica moderna si sarebbe senz’altro smorzata, se non fosse stato per il modo in cui scienza e tecnologia si sono rafforzate l’una con l’altra.

Se pensiamo agli strumenti che abbiamo a disposizione oggi per la ricerca scientifica, quelli di Pasteur ci sembrano manufatti primitivi. Non è solo questione di information technology o di telecomunicazioni. Enormi database facilmente consultabili, simulazioni di chimica quantistica, e analisi statistiche altamente complesse sono solo alcuni degli strumenti che l’era digitale mette a disposizione della scienza. La tecnologia digitale è ovunque, dalla genetica molecolare alle nanoscienze alle ricerche sulla poesia medioevale. I computer quantistici, che pure sono ancora in fase sperimentale, promettono di incrementare questa potenza di calcolo di svariati ordini di grandezza. In alcuni lavori recenti, si è molto sottolineata l’importanza della information and communication technology su produzione e produttività - ed effettivamente è di grande importanza. Ma dobbiamo tenere ben presente, però, che gli effetti indiretti della scienza sulla produttività, per il tramite di questi strumenti di ricerca, potrebbero, nel lungo termine, mettere in ombra gli effetti diretti. Un esempio interessante è il crescente utilizzo di computer ultra-potenti e software radicalmente innovativi che si fa nelle scienze dei materiali.

Non appena la scienza si spinge in nuovi campi e risolve problemi che neppure immaginavamo potessero essere risolti, ecco che spuntano inventori, ingegneri ed imprenditori ansiosi di usare questa nuova conoscenza per inventare nuovi aggeggi e processi, che contribuiranno a continuare a migliorare le nostre vite. L’interazione fra scienza e tecnologia costituisce un processo auto-rafforzantesi, o auto-catalitico, che sembra senza limiti.

Immaginare quali saranno le prossime tecnologie a imporsi è arduo. Si parla molto di robot e di intelligenza artificiale: da una parte suscitano grandi speranze (a chi piace rifare i letti?) e dall’altra sono temuti come potenziali “assassini” d’interi mestieri. L’Ict resta un campo nel quale il bello deve ancora venire, e tutti parlano dell’ “Internet delle cose” come della prossima rivoluzione. Ma forse le vere novità verranno da settori che vanno meno di moda. Provate a mettere assieme i nuovi materiali con la cosiddetta “stampa” tridimensionale, e avrete la possibilità della “customizzazione” di massa, un concetto che per la manifattura ha una portata rivoluzionaria come non si vedeva dalla rivoluzione industriale. “Nanobombe” che penetrino fisicamente le membrane dei batteri e delle altre cellule sono la prossima arma nella guerra infinita dell’umanità contro i microbi, e forse anche contro il cancro. Un progresso che in pochissimi avevano previsto è stato l’utilizzo delle tecnologie Ict a favore di un crescente tasso di utilizzazione di beni fisici come case e automobili, così come pure del capitale umano. Imprese come Airbnb, Uber, Lift e molte altre stanno creando mercati di noleggio per beni che in precedenza erano improduttivi per buona parte del tempo. Molte di queste svolte non sono “all’orizzonte”: sono già con noi. La crisi può aver messo l’economia contro vento, ma il vento in poppa della tecnologia soffia come un tornado.

(…) Perché è tanto importante che il progresso tecnologico continui? Gli abitanti delle economie industrializzate non sono già abbastanza ricchi? Perché non ci limitiamo a condividere le nostre possibilità con le nazioni meno fortunate? Perché siamo ossessionati dall’accumulare tecnologia, oltre a tutta quella che già abbiamo? Neppure il più ardente dei tecno-entusiasti sosterrebbe mai che l’innovazione è solamente un beneficio. Le nuove tecnologie hanno effetti disgreganti sulle nostre vite, in molti modi: possono costringere le persone ad abbandonare pratiche familiari e confortevoli, fanno sì che talenti e strumenti diventino obsoleti, e hanno un effetto alienante su quella parte della popolazione che fa fatica ad adattarsi. Il digital divide separa i giovani e i vecchi, gli istruiti e i non istruiti, gli urbanizzati e i rurali. Rende le persone miserabili, frustrate e disconnesse. Ma noi non abbiamo altra scelta se non continuare a innovare, sul piano tecnologico. E se non lo facciamo noi, lo farà qualcun altro.

Vi è, inoltre, una ragione più profonda per cui il progresso tecnologico deve continuare. Il progresso non è solo distruttivo: è anche disordinato. Non c’è una linea retta che conduca a una vita migliore. (…) La storia della tecnologia è zeppa di conseguenze inintenzionali e di sottoprodotti negativi dell’innovazione. Come potrebbe essere altrimenti? Dopotutto, se ogni possibile risvolto di una nuova tecnologia fosse noto sin da principio, essa non sarebbe davvero una innovazione. Alcuni casi di tecnologie che hanno creato problemi inaspettati sono ben noti, come l’amianto (che originariamente si pensava fosse un materiale di produzione ignifugo e totalmente sicuro) o come l’aggiunta di piombo alla benzina come additivo antidetonante. Per fronteggiare tali problemi, non abbiamo bisogno di meno, bensì di più innovazione: per ripulire la stanza dopo che il precedente progresso tecnologico ha fatto qualcosa di sbagliato. Esattamente come i medicinali, il progresso tecnologico ha quasi sempre effetti collaterali, ma gli effetti collaterali sono di rado una buona ragione per non prendere la medicina e sono quasi sempre un’ottima ragione per investire nella produzione di medicine di nuova generazione. In larga misura, l’innovazione tecnologica è una forma di adattamento: non solo alle circostanze esterne che cambiano ma anche ai precedenti adattamenti.

(…) La faccio breve: la tecnologia non è il nostro nemico. È la nostra migliore speranza.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Anticipiamo ampi stralci di un articolo di Joel Mokyr (Northwestern University), disponibile in versione integrale su
«Le macchine volantii» (http://www.lemacchinevolanti.it/). Mokyr terrà domani, 30 novembre, la prima «Fondazione Telecom Italia Lecture» presso la Sala Castiglioni del Politecnico di Milano, alle ore 10,30. La lezione di Mokyr, recente vincitore del Premio Balzan, avrà per titolo «The Future of Innovation: Are the Good Times Over?».