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Addio a Scott Weiland, anti-eroe della Generazione X che cantò con…

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LUTTO NELLA MUSICA

Addio a Scott Weiland, anti-eroe della Generazione X che cantò con Stone Temple Pilots e Velvet Revolver

Space 24
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C'era una volta la Generazione X, quella dei nati negli anni Sessanta e Settanta, ribelli senza una causa ben definita, al contrario dei politicizzatissimi baby boomers che li avevano preceduti. Una «classe» bella e perduta che ebbe in Kurt Cobain l'ideologo, nel suo «I hate myself and I wanna die» il mantra, nel movimento grunge la principale traduzione in musica delle proprie inquietudini esistenziali.

E che oggi perde un altro punto di riferimento con Scott Weiland, già cantante di Stone Temple Pilots e Velvet Revolver, trovato morto la scorsa notte, all'età di 48 anni, in un tourbus a Bloomington, in Minnesota, dove era arrivato per esibirsi con la sua ultima band, The Wildabouts. Avrebbero dovuto tenere altri due concerti questo mese, il 18 e il 19 dicembre, a Reno in Nevada e a City Winery nella Napa Valley in California. Il dipartimento di polizia di Bloomington nella tarda serata di ieri ha informato del rinvenimento di un cadavere, senza però diffondere il nome del musicista. Che era illustre e, sui social network, ha immediatamente suscitato reazioni da parte di colleghi ancora più illustri. Pare se ne sia andato nel sonno. Di sicuro era sceso da parecchio tempo dal treno dorato dello show-biz, complice una dipendenza dall'eroina prima e dall'alcol poi che ne avevano distrutto la carriera.

Veniva dalla California, terra di metal e affini nella seconda metà degli anni Ottanta, quando si fece le ossa assieme ai fratelli Robert (bassista) e Don DeLeo (chitarrista), fino a incidere un demo che incontrò i favori della Atlantic Records. Serviva un nome perché quello che i ragazzi stavano usando, Mighty Joe Young, creava confusione con l'omonimo bluesman: ripiegheranno su Stone Temple Pilots, marchio con cui esordiranno sul mercato nel 1992, un anno dopo il big bang di «Nevermind», con l'album «Core». Weiland e soci si impongono presto come quinta forza del grunge, dietro ai capiscuola Nirvana, Pearl Jam, Soundgarden e Alice in Chains. Con una differenza non di poco conto: non vengono da Seattle, ma da un posto più soleggiato, più a Sud, dove il rock parla con l'accento di Axl, frontman dei Guns ‘n' Roses. Scott ha un timbro riconoscibilissimo e, con hit come «Creep» o «Plush», contribuisce a portare l'esordio oltre la soglia degli 8 milioni di copie vendute, per un piazzamento in terza posizione nella classifica Billboard 200. Anche «Purple», seconda fatica discografica di due anni successiva, va forte (6 milioni di copie) ma il successo non fa bene a Weiland che si butta nelle braccia dell'eroina. Le liti con gli altri componenti della band non si contano e un arresto per possesso di sostanze di stupefacenti lo tiene lontano dalla campagna di promozione di «No. 4», quarto capitolo discografico della band. Si scioglieranno nel 2001, con Weiland che proverà a ripartire con i Velvet Revolver, spin off arrabbiatissimo dei Guns ‘n' Roses che ha nel riccioluto chitarrista Slash, altro habitué delle dipendenze, il leader. Durerà cinque anni, perché Weiland ha trovato nella bottiglia una degna sostituta di ago e cucchiaio. E quando ha la bottiglia con sé è intrattabile. In mezzo ci starà pure la reunion con gli Stp. «Sono ancora al limite tutto il tempo», aveva dichiarato nel 2011 riferendosi alla sua tossicodipendenza, «ho giurato di non tornare all'eroina ma non credevo che l'alcol potesse essere l'incubo che è. Ed è legale». Amarissimo e perfettamente in linea con il destino di tanti eroi della Generazione X il finale di questa storia, consumatosi a pochi metri da un live club della profonda provincia americana. Pardon: anti-eroi.

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