Cultura

Un giovanotto di 95 anni e la conigliera del nuovo Giulio Natta

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Un giovanotto di 95 anni e la conigliera del nuovo Giulio Natta

Siamo stati a Bologna lunedì e martedì per raccontare il sogno diventato realtà di un sistema di imprese che innova ogni giorno, conquista il mondo, valorizza i nostri talenti, e ci siamo fatti guidare il primo giorno nel suo Opificio, in via Paolo Nanni Costa, da uno specialissimo padrone di casa: un giovanotto di 95 anni, Marino Golinelli, che si è inventato il “giardino delle imprese” per fare crescere la pianta dei cervelli italiani, aiutarli a diventare cittadini del mondo, e ha scritto ben evidente, in ogni dove, un numero (2065) a caratteri cubitali. Un modo per fare capire subito a tutti qual è la sua idea della vita e qual è l’obiettivo che si propone di raggiungere con la sua ultima creatura. Questo “giovanotto”, padre contadino, madre allevatrice di polli, imprenditore farmaceutico (Alfasigma) con circa un miliardo di giro d’affari, filantropo e divulgatore dei primati della scienza, ci ha accolto alle nove e trenta del mattino e ci ha salutato con la stessa grinta e lucidità alle ventitré e trenta al Circolo della Caccia, quasi dispiaciuto che la giornata finisse senza rinunciare a fare progetti per mettere insieme Nòva e Opificio Golinelli, pensando ai giovani e al futuro con una mimica che viene da lontano e gli occhi di un bambino. Mi vengono in mente le presentazioni con la moglie Paola, una donna che ama l’arte innovatrice e non le manda a dire, e subito risento quelle parole di Marino: «Ho un debito di riconoscenza con questa signora, mi ha lasciato spendere 30 milioni, mi ha consentito di regalarli ai nostri giovani, senza mai un moto di protesta e senza farmi mai mancare il suo entusiasmo».

Ci deve essere davvero qualcosa di tremendamente nuovo in questo modo antico e schietto di vedere il mondo e di fare le cose, in mezzo a una moltitudine di talenti, capitani di impresa, donne e uomini di una terra di inventori che ha la ricerca nei cromosomi e si presenta in carne e ossa, con le sue mille teste e tante emozioni. Qui, in Emilia Romagna, questo giornale ha deciso di fare la sua prima tappa del Viaggio nell’Italia che innova, andremo da un capo all’altro del Paese, con il taccuino del cronista in mano e muovendoci a piedi, con l’obiettivo dichiarato di fare emergere il capitale nascosto del futuro (esiste) e di farlo vedere, toccare, riconoscere, se non altro per non sbagliare le analisi di partenza e cominciare a fare le cose giuste per farlo crescere in modo significativo, con un passo stabile e duraturo. Abbiamo scoperto, per esempio, che in una conigliera di Minerbio ha mosso i primi passi il “nuovo” Giulio Natta, l’uomo che inventò il polipropilene isotattico (la plastica Moplen), vinse il premio Nobel per la ricerca e cambiò la vita degli italiani. Si chiama Marco Astorri, non è un chimico, non è uno scienziato, ma ha inventato la nuova plastica, “ingrassa” batteri con alimenti a base di zucchero, e ci tira fuori Minerv Pha, biopolimeri con certificato di totale biodegrabilità, proprio con questi materiali Foss ci ha fatto una replica della lampada Miss Sissi, disegnata da Philippe Starck. L’azienda di Astorri e del suo partner francese, Guy Cicognani, nasce nel 2007 e prende il nome di Bio-on, è quotata in Borsa all’Aim, il mercato delle piccole imprese, il suo titolo vale oggi oltre il triplo del prezzo di collocamento e ha raggiunto una capitalizzazione di 240 milioni.

Astorri è salito sul palco e si è presentato così: «Come prima scintilla, all’inizio della nostra attività, alcuni operatori stranieri ci hanno ceduto l’utilizzo esclusivo di cinque brevetti. Li hanno dati a noi, che eravamo appena nati e non a una multinazionale di un altro Paese, perché hanno riconosciuto la leadership italiana, in questo territorio, nella fermentazione naturale batterica. E pensare che noi non avevamo consapevolezza di questa grande specializzazione». Lo guardo e mi viene da sorridere: penso che, per presentare il nostro viaggio nell’Italia che innova, ho parlato del sogno di un robot Pippo che fa tutto da solo partendo da Palermo, risalendo l’ltalia e chiudendo il suo viaggio a New York, come simbolo della frontiera italiana della nuova tecnologia, e mi sono permesso di sottolineare che l’Italia ha bisogno di un nuovo Giulio Natta, di un nuovo “polipropilene”, di qualcosa cioè di dirompente che sancisca il ritorno nei primati della grande ricerca. Qui, alla Bio-on di Astorri, si lavora la plastica biodegradabile e biocompatibile, che ha sviluppato un polimero antico di 100 anni, ma poco usato dall’industria internazionale. Una tecnologia basata su batteri non patogeni, non si usano più gli scarti del petrolio ma quelli agricoli: una innovazione radicale che in comune con il polipropilene di Natta ha la natura di prodotto piattaforma, consente, cioè, non un solo utilizzo, ma tanti utilizzi. E, così, il melasso di barbabietole di Minerbio serve per fabbricare una lampada, ma anche componenti per le automobil e, nella chirurgia, fili di sutura che non danno rigetto. Qualcuno dirà, e non a torto, che siamo su pianeti diversi, ma in quella conigliera ci piace vedere custodito il segno di un nuovo Giulio Natta, e di una piccola grande storia che ha risollevato il Paese e prova a ripetersi. Dobbiamo fare in modo che ciò accada.

roberto.napoletano@ilsole24ore.com

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