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Frammenti di memoria di Silvia, una bambina senza stella

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Frammenti di memoria di Silvia, una bambina senza stella

Immaginate di trovarvi in una stanza. Alle pareti sei quadri che raffigurano campagne della Lombardia, dissimili tra loro più di quanto possa pensare un osservatore neutro. Paesi chiusi in una sorta di stato originario che non conosce tempo, con sullo sfondo, non molto lontana, una città avvolta dai bagliori della guerra; e in ciascuno dei dipinti la stessa bambina, mai al centro del dipinto, anche se quanto la circonda prende forma da ciò che i suoi occhi vedono e la sua mente costruisce con le rare gioie e le molte sofferenze scaturite da un dolore “che non cade mai in prescrizione”. Eppure sul suo volto mai si legge rassegnazione, ma solo voglia di capire, di essere amata, di amare.

Non altrimenti si può definire l'ultimo libro di Silvia Vegetti Finzi. L'autrice e protagonista lo confessa sin dalle prima pagine: darò voce a frammenti di memoria, a lampi d'oscurità di un passato “che nessuno ha mai raccolto in un album di famiglia”. Solo una spiegazione, doverosa: la bambina è “senza stella” perché non è stata marchiata con la stella giudaica, costretta tuttavia ad affrontare un precoce abbandono in forza delle persecuzioni razziali.
Nasce così tra Silvia e la bambina (così chiamata per sottrarla all'egocentrismo dell'autobiografia) un dialogo che sovrappone, in un gioco di specchi, i ricordi di episodi e la riflessione “talora psicanalitica”.

Dolore, lontananza, indifferenza, disamore costituiscono i colori di fondo dei quadri appena citati, realizzati durante la guerra entro la quale una famiglia vive, lacerata e annientata, una duplice tragedia. Tuttavia, se mai la bambina indossa alcuno dei vestiti che rendono gioiosa l'infanzia, non può essere ritratta con colori cupi. C'è in lei una forza, una luce, che sprigiona dallo stato di necessità che le è stato imposto, dalla necessità di prendersi cura di sé, di diventare grande utilizzando la potenzialità delle sue risorse.

“Aiutami a fare da solo” è il trasparente messaggio che l'autrice rivolge a quanto circondano di eccessi protettivi che manipolano, sino a sostituirli, i figli.
In quella stagione della vita, Silvia, protagonista e autrice, si addentra senza traccia di memorie precise: “La storia della bambina non trova un inizio: prima non c'era, poi c'è e, in mezzo, un vuoto che può essere solo sommariamente ricostruito”. È proprio questo incedere attraverso lampi che illuminano zone d'ombra senza apparente importanza, a rendere la narrazione densa di significati, il “non svolgimento” che si fa trama, perché la vita è un filo conduttore meraviglioso che non necessità di grandi eventi, ma di eventi, unici e irripetibili, i nostri.

È una storia di formazione particolare quella che ci propone con vivido linguaggio: “Non c'è spazio per la tenerezza né tempo per la confidenza – confessa - i sentimenti erano rinviati alla fine del conflitto: l'amore per i bambini abita in tempi di pace”.

Eppure il rapporto con la mamma lascia una traccia di rimpianti che non trova e non può trovare compimento. Chi è la donna con l'aspetto da cinema, dalle mille incombenze, che lei chiama mamma, con il marito rimasto prigioniero in Africa? La bambina prende atto che il termine mamma vale per suo fratello, ma non per lei. Ne ricava persino vantaggi per la sua formazione, ma lascia inevaso un naturale bisogno d'amore. Un anelito che la induce a ricordare, con incanto, una musica malinconica della sua giovinezza: “Sola me ne vo' per la città, passo tra la folla che non sa, che non vede il mio dolore, cercando te, sognando te, che più non ho…”.

Siamo all'ultima curva, alla memoria del silenzio, quando la bambina scopre in un armadio, tra le pieghe della biancheria, le foto dei campi di sterminio. “Frammenti di esistenze - commenta - che nessuno ha collegato in una narrazione capace di conferire senso storico e significato morale”. Un non detto che lascerà nella bambina un sentimento perenne di allarme e di pericolo: “Come insegna Freud, le esperienze buttate fuori dalla porta della mente, rientrano nella finestra del corpo”.

Esiste dunque rimedio? Che cosa serve per essere felici? Silvia Vegetti Finzi ci ricorda che la più efficace risposta viene attribuita a Freud: “Memoria corta e buona salute”.

Una bambina senza stella
di Silvia Vegetti Finzi
Pagg. 229, euro 18,50, Rizzoli editore

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