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Teatro

Il tempo, la memoria, l'usura dei sentimenti, nei «Tradimenti» di Pinter

Alle commedie del primo Pinter, il pubblico protestava perché non imparavano abbastanza sui personaggi in scena: chi erano? Da dove venivano? Che cosa facevano? Con «Tradimenti», invece, il drammaturgo britannico ci dà tutte le informazioni possibili, presentando all'inizio la soluzione finale del dramma e ripercorrendo la storia a ritroso. È quella di una triangolazione dell'amore – un tale diventa l'amante della moglie del suo migliore amico, e si scoprirà che tutti hanno tradito tutti - esplorata andando all'indietro invece che avanti. Regredisce nel tempo ma progredisce nell'intensità della passione. Un trucco che funziona sia drammaturgicamente che concettualmente.

Dietro questo tema del triangolo Pinter ne nasconde un altro, quello consueto dell'inafferrabilità dei sentimenti e della loro verità, spinto fino a mettere in dubbio l'identità di chi li prova. Una parabola sul modo in cui la gente prima di tutto tradisce se stessa e solo poi eventualmente gli altri. La vicenda, costruita su una fitta selva di parole, parte da un incontro postumo fra Emma e Jerry (lei gallerista, lui agente letterario), uniti già da una lunga relazione clandestina durata sette anni, e lasciatasi da due (adesso, lei si sta separando dal marito Robert, editore e migliore amico di Jerry anch'egli sposato). Quel settennio di amori furtivi, di abboccamenti fortunosi, viene quindi ricapitolato a ritroso, nelle tappe essenziali, sino al momento d'inizio, sul quale vedremo imprimersi il segno lampante della casualità e dell'equivoco. E avrà come appendice un appuntamento tra i due partner maschili per una spiegazione che non lo è, affondata sotto le etichette del “passato finito”.

Testo datato 1978, ha conosciuto molti allestimenti ai quali ora si aggiunge quello di Michele Placido che ha voluto farne una lettura “non solo della fine di una storia d'amore ma anche di un fallimento di un'utopia rivoluzionaria che voleva migliorare e cambiare il pensiero occidentale”. Colloca i personaggi in un ambiente unico con lievi spostamenti di oggetti e mobili: dal bar, o pub, che segna l'inizio della commedia, si prosegue andando indietro negli anni – segnati dalla data proiettata e da un enorme orologio - degli altri incontri a Londra e a Venezia fino al salotto della casa di Robert ed Emma durante la festa in pieno stile sessantottino, con alcool e droghe leggere, in cui Jerry tenta di sedurre la moglie dell'amico Robert.

Nello spettacolo di Placido, dal taglio cinematografico, c'è ben poco, solo accennato, della riflessione che egli ne ha voluto dare, e cioè di quel clima del Sessantotto che, parole del regista, «cambiò e rivoluzionò il comportamento di un'intera generazione di giovani», e, sempre per Placido, «coincide con una personale parabola sentimentale e politica e di come quegli amori di gruppo, la libertà sessuale, le prime trasgressioni i furori rivoluzionari, politici, ideologici e sociali, siano stati poi, negli anni a venire, traditi e a volte falliti miseramente». Avrebbe dovuto osare di più, sia sul piano della contestualizzazione storica (non basta l'abbigliamento anni Settanta, né i brevi filmati d'epoca vintage di luoghi proiettati sulle pareti specchianti); sia su quello dei dettagli gestuali il cui peso dovrebbe ingigantirsi man mano l'interesse della trama si dissolve.

Il dramma travestito da commedia , o viceversa, si segue comunque, tra l'intrico degli sguardi dei protagonisti con un'Ambra Angiolini a tratti meccanica nel suo snobismo che cerca di illustrare un po' troppo il motivo dei suoi sentimenti; un Francesco Scianna perfetto nel ruolo dell'amante e, soprattutto, credibile nella verità delle parole che lo interpellano senza dover aggiungere troppa psicologia, perché, quello che fanno i personaggi di Pinter deve restare sempre un po' oscuro; e Francesco Biscione, un marito tradito e infedele, senza tormento, e con una disinvoltura solo dichiarata.

«Tradimenti», di Harold Pinter, traduzione Alessandra Serra, regia Michele Placido, con Ambra Angiolini, Francesco Scianna, Francesco Biscione, scene Gianluca Amodio, costumi Mariano Tufano, musiche originali Luca D'alberto, light designer Giuseppe Filipponio. Produzione Goldenart Production. Al Teatro Eliseo di Roma fino al 20 dicembre 2015. In tournèe a Trieste, Lodi, Bologna, Savona, Lucca, Cagliari

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