Cultura

Carmina Burana, scene da un Medio Evo visionario

  • Abbonati
  • Accedi
teatro

Carmina Burana, scene da un Medio Evo visionario

Orologi cosmici di Athanasius Kircher e particolari di arazzi, foreste intricate e cavalli bianchi che sanno attraversarle, gruppi di giovani infervorati da Venere e carole di fanciulle virginee, nei “Carmina Burana” visti al Teatro Regio di Torino c'è un Medio Evo visionario e magico nel senso più serio del termine. Un mondo dove la vita dell'uomo nei suoi diversi aspetti è parte di un tutto, dove macrocosmo e microcosmo, sovrannaturale e terreno si specchiano e si muovono in un ciclo universale.

Proposti in forma scenica così come lo stesso Carl Orff li aveva voluti e rappresentati per la prima volta nel 1937 alla Staatsoper di Francoforte, questi “Carmina” del Regio, diretti per la parte musicale da Jonathan Webb e per l'allestimento da Mietta Corli, danno una versione immersiva e pennellata di colori delicati delle “Canzoni profane per solisti e coro accompagnati da strumenti e immagini magiche”.

Nell'interpretazione della Corli, regista d'esperienza, la presenza di queste immagini magiche - che sono le uniche indicazioni drammaturgiche del compositore bavarese - e la struttura compositiva ciclica guidano tutta la messa in scena, la cui chiave di lettura passa attraverso queste visioni che mettono in relazione il mondo umano e quello ultraterreno. Le proiezioni video e le luci si compenetrano, le evocazioni di apparizioni fuggitive o archetipiche si sostituiscono alle caratterizzazioni e il fluire continuo di tutto quanto sta in scena trasfigura l'andamento circolare della composizione che non sceglie lo sviluppo ma la ripetizione ossessiva. Probabilmente è questa una regia che sarebbe piaciuta a Orff, creatore di una pedagogia in cui il ritmo è percepito come un'entità concreta che rappresenta il pulsare stesso della vita, come una forza che unisce i linguaggi e collega musica, movimento, danza e parola.

Così in questa versione scenica dei “Carmina”, non solo nel prologo e nel finale della Fortuna imperatrix mundi, ma anche nelle altre sezioni, della Primavera, della Taverna e della Cour d'amours, le immagini simboliche della ruota e il turbine inarrestabile, a tratti ebbro e tellurico, del movimento restituiscono i versi evocativi dei testi e il susseguirsi incessante e incalzante del ciclo umano e cosmico, della natura e dell'amore.

C'è qualche momento più schematico, qualche impaccio del coro nel cantare e muovesi ad un tempo, ma prevalgono l'incantamento e i quadri raffinati, come, “In taberna”, le tavolate virtuali in video che moltiplicano e accrescono la prospettiva di quelle reali in scena, o gli edifici che paiono quelli degli “Effetti del buon governo” di Ambrogio Lorenzetti che fanno da cornice al “Dies, nox et omnia” del baritono.
Jonathan Webb, più volte a capo della Sinfonica Nazionale della RAI e di Santa Cecilia, dirige l'Orchestra del Teatro Regio in ampia formazione e sono all'altezza i tre solisti: il soprano Laura Claycomb, il tenore John Bellemer e il forte baritono Thomas Johannes Mayer. Grandi protagonisti anche il Coro e il Coro di voci bianche del Regio istruiti con sensibilità da Claudio Fenoglio.

In questa insolita scelta dell'ente lirico torinese di proporre i “Carmina Burana” di Orff in forma scenica, a un notevole impegno tecnico corrisponde un notevole, immaginifico risultato, appagante per lo spettatore.

Carmina Burana di Carl Orff
Rappresentazione in forma scenica
17 – 22 dicembre
Teatro Regio Torino

© Riproduzione riservata