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L'Orestea arcaica e tecnologica di De Fusco

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teatro

L'Orestea arcaica e tecnologica di De Fusco

L'«Orestea» di Eschilo rappresenta un viaggio alle radici della nostra civiltà. Con essa s'inaugura il primo tribunale della storia. Nasce il Diritto, al quale viene delegato il compito di risolvere ogni conflitto tra gli uomini spezzando per sempre l'atavica pratica della vendetta di padre in figlio, di generazione in generazione. La comunità arcaica si trasforma così in società civile, passando dalla vendetta privata alla giustizia. Le tre tragedie che compongono l'”Orestea” diventano, quasi, un atto di comunicazione con la nostra contemporaneità, segnata dalla fame del potere e dalla sete di giustizia. È l'unica tragedia del teatro greco antico che ci sia giunta completa.

La saga famigliare degli Atridi inizia da Agamennone raccontando dell'omicidio del sovrano di Argo reduce dalla guerra di Troia e ucciso dalla moglie Clitennestra che non gli ha perdonato il sacrificio della figlia Ifigenia. Nelle Coefore Oreste, figlio di Agamennone e Clitennestra, tornato da una lunga assenza e ritrovata la sorella Elettra, vendica il primo omicidio assassinando la madre ed il suo amante Egisto, complice nonché usurpatore del regno di Argo; ma poi fugge braccato dalle tribali Erinni, dee della vendetta. Trovato rifugio a Delfi, nelle Eumenidi, infine, Oreste chiede ad Atena che il suo matricidio sia giudicato da un tribunale. Processato verrà assolto con l'aiuto della dea, mentre le feroci Erinni si trasformano nelle Eumenidi, benevole protettrici di quel luogo illuminato. È impresa rara vedere rappresentate insieme le tre tragedie.

Ora a compierla è Luca De Fusco con uno spettacolo tecnologico (regista da tempo sedotto dalla videoinstallazione) che parte dall'archeologia per arrivare a un tempo avveniristico, e ha la sua forza, principalmente visiva, nella bella scenografia di Maurizio Balò: una grande porta metallica che si apre e chiude sul fondo nero della reggia di Argo, che diventerà anche schermo per proiezioni in diretta, con campi e controcampi, di luoghi, ingrandimenti di volti, apparizioni fantasmatiche e studio televisivo; e il palcoscenico in pendio ricoperto di sabbia lavica che, spazzata, oltre a rivelare resti di colonne, oggetti, e una testa di cavallo per il ritorno di Agamennone, mostrerà al centro un lungo schermo di volta in volta tappeto, striscia di sangue, tomba. Ed è sempre dalla rena arcaica che affiorano, da dei tombini, alcuni personaggi, tra bagliori di fiamme e luci colorate. De Fusco mette in campo diverse energie, a partire dalla traduzione aggiornata e scorrevole di Monica Centanni. Riporta gli usi coreutici della tragedia greca consegnando una parte del Coro ad un gruppo di danzatrici con coreografie - alquanto banali - di Noa Wertheim; commissiona la partitura musicale elettronica a Ran Bagno che mescola modernità e melodie affidate a (infelici) parti cantate; e fa vestire i personaggi a Zara De Vincentiis con costumi tra classicità, fantascienza (le belle fogge del metallico abito-armatura di Atena), e fumetto (le Erinni come neri uccelli spennacchiati). Spettacolo imponente questa “Orestea”, ma discontinuo negli esiti per quanto sostenuto di slancio dal lavoro di un nutrito gruppo di validi attori che complessivamente fa funzionare le leve tragiche.

«Orestea» di Eschilo, traduzione Monica Centanni, regia Luca De Fusco. Con Mariano Rigillo, Elisabetta Pozzi, Angela Pagano, Gaia Aprea, Claudio Di Palma, Giacinto Plamarini, Anna Teresa Rossini, Paolo Serra, Enzo Turrin e con le danzatrici della compagnia Korper. Luci Gigi Saccomandi, suono Hubert Westkemper. Produzione Teatro Stabile Napoli. Al Teatro Mercadante di Napoli. In tournèe: Catania, Teatro Verga, dal 28/12 all'8/1; Roma, Teatro Argentina, dal 12 al 17/1; Genova, Teatro della Corte, dal 19 al 24/1; Firenze, teatro della Pergola, dal 26/1 al 7/2.

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