Cultura

Affresco a tinte forti per gli Animali da bar della Carrozzeria Orfeo

  • Abbonati
  • Accedi
TEATRO

Affresco a tinte forti per gli Animali da bar della Carrozzeria Orfeo

Cinici e abietti ‘animali' notturni si ritrovano intorno al bancone di un bar dove intrecciano le loro esistenze in un crescendo di episodi grotteschi e demenziali. Al centro lei, la barista ucraina che dalla vita ha incassato solo il peggio - interpretata dalla brava Beatrice Schiros – che assorbe e rilancia gli umori che la circondano. Feroci, disillusi e perdenti, ma anche inetti e ingenui, soprattutto senza filtri, insomma animali da bar.

L'allestimento è pregno di temi difficili e contrastanti, ma attuali: dalla gravidanza surrogata con affitto d'utero, all'integralismo religioso e ultra-vegano, dal cinismo di chi pianifica furti nelle case dei morti alle velleità di un becchino per animali di piccola taglia, fino alla xenofobia e ai desideri di vendetta con sterminio di intere classi di liceali. E' proprio in questo impasto che si riconosce la cifra stilistica di Carrozzeria Orfeo, gruppo già apprezzato lo scorso anno con ‘Thanks for Vaselina'.

Nell'ultima proposta teatrale i toni appaiono più cupi e pesanti, le fughe demenziali si sono ridotte per dar spazio a storie più fosche. Sul lungo bancone nero che occupa il palcoscenico vengono vomitate le amare testimonianze di uno scrittore frustrato e alcolizzato che ricalca un po' il profilo di Charles Bukowski, un piccolo imprenditore senza scrupoli, un soggetto bipolare, un buddista che si nutre solo di mele, una gravida barista dell'est che ha affittato l'utero e un vecchio razzista e misogino che si fa sentire solo via interfono con la voce dell'attore Alessandro Haber. Un'accozzaglia dove non sembra fondamentale capire il senso delle singole colorite vicende, ma piuttosto assorbire il ritmo di un canovaccio che trasporta in ambiti spesso inesplorati.

A differenza della precedente proposta teatrale, Animali da bar appare più muscolare e cruenta - fatta eccezione per un breve intermezzo romantico fra la barista e il buddista e un esilarante siparietto sempre della Schiros che si scatena in una canzone dei cartoni animati – non a caso la regia sceglie di collocare in scena un pissoir dove i protagonisti mimano il gesto fisiologico di fronte al pubblico. Meno sorprendente e spumeggiante del precedente, insomma, ma certo non meno interessante. Non è sempre facile mantenere un modello estremo, ma il gruppo riesce anche in questo caso a non deragliare costruendo uno spettacolo che cattura l'attenzione per oltre 90 minuti e che di replica in replica non potrà che migliorare. Alla fine un'esperienza positiva che vale la pena di condividere perché loro, la compagnia Carrozzeria Orfeo, hanno scelto un nome che nasce proprio dalla contrapposizione di parole tra loro molto diverse: “la concretezza di una carrozzeria e il simbolo dell'arte, la fatica del mestiere, il sacrificio e la manualità dell'artigiano, e allo stesso tempo la volontà di vivere un'esperienza onirica”. Ci sono riusciti.

drammaturgia Gabriele Di Luca
regia Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Alessandro Tedeschi
con Beatrice Schiros, Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Pier Luigi Pasino, Paolo Li Volsi
voce fuori campo Alessandro Haber
musiche Massimiliano Setti
scene Maria Spazzi
produzione Fondazione Teatro della Toscana
Al Teatro dell'Elfo di Milano fino a domenica 17 gennaio

© Riproduzione riservata