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Il ritorno di Rigoletto alla Scala

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MILANO

Il ritorno di Rigoletto alla Scala

La gobba la porta benissimo: gli sta alla perfezione, dopo i cinquecento e passa Rigoletto. Il ruolo del buffone di corte è diventato per Leo Nucci una sorta di alter ego. Ma Verdi non avrebbe approvato il bis della “Vendetta”, la cabaletta drammatica, cupa e terribile, che non ha nulla di pirotecnico o vittorioso, né tantomeno circense. Eseguita a sipario chiuso, a fine secondo atto, è stata un errore. Uno scivolone da cabaret.

“Rigoletto” ritorna alla Scala, per sette recite, nella fortunata edizione di Gilbert Deflo, con le scene stupendamente colossali di Ezio Frigerio, i costumi lussureggianti di Franca Squarciapino e le luci efficaci di Marco Filibeck. La produzione segnò nel 1994 il recupero del secondo capitolo della “trilogia popolare”, dopo anni di sussiegosa assenza sulle scene milanesi. Era allora Riccardo Muti a capitanare il coraggioso progetto, che trionfò grazie a un meticoloso e musicalissimo ripristino non solo delle note ma della drammaturgia verdiana. Oggi completamente svilita.

Il tenore taglia a metà “La donna è mobile”, ma lancia le puntature non scritte; il soprano bamboleggia, con pronuncia incerta, e il baritono sì, tiene carismatico la scena col passo incerto sulle gambette traballanti e i guizzi della bacchetta tra le mani, ma non canta quasi più: parla. Alla sala piace il Duca narciso di Vittorio Grigolo, sempre più protagonista degli spettacoli scaligeri, i gesti uguali per ogni ruolo, le “esse” sibilanti. E piace la Gilda debuttante di Nadine Sierra, giovane soprano americano, classe 1988: è l'unica nella compagnia a possedere una vera voce, adatta al ruolo, ma un “Caro nome” così slentato è da sbadiglio, altro che da palpitazione.

Sul podio, a sostituire sin dalla prima lettura l'annunciato Mikko Franck, che ci era sembrato scelta improbabile per il linguaggio verdiano, è arrivato Nicola Luisotti: energico, coi legni sovraesposti e gli ottoni poco intonati, concerta a fisarmonica, nei tempi e nelle dinamiche, per stare a ruota di un “Rigoletto” debole anche nei comprimari, col Monterone di Giovanni Furlanetto e la “maledizione” più buonista mai sentita.

“Rigoletto” di Verdi;
direttore Nicola Luisotti,
regia di Gilbert Deflo;
Teatro alla Scala,
fino al 6 febbraio

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