Cadono copiose, in questo inizio 2016, le stelle della musica degli anni Settanta. Dopo David Bowie tocca a Glenn Frey, chitarrista, cantante e membro fondatore degli Eagles, nonché uno degli autori di «Hotel California», la band e la hit che nei Seventies trasformarono il country rock da oggetto di culto per iniziati a fenomeno mainstream planetario.
Per capire il tipo: «Rolling Stone», negli anni d'oro del gruppo, lo definì l'Ernest Hemingway del rock and roll, animato com'era da un'estetica vitalistica tutta donne e motori. Gli stessi temi che troviamo al centro di «Take it easy», il primo singolo di successo delle Aquile, che Frey cantava con la affezionata 12 corde ben stretta in mano. La vita non gli ha risparmiato una artrite reumatoide, una colite ulcerosa e una polmonite che, combinate insieme dopo l'intervento all'intestino subito lo scorso autunno, ieri se lo sono portato via a 67 anni.
Un «californiano» di Detroit
Contrariamente alla mitologia da lui stesso creata ad arte per la band con cui si impose, non era californiano: veniva da Detroit Michigan, dove se facevi musica ed eri nero potevi sperare di essere scoperto dalla Motown, se facevi musica ed eri bianco fondavi una garage band come gli Stooges o gli Mc5. Frey era il classico ragazzo bianco americano svogliato a scuola ma curioso, abilissimo negli sport e nel portare le ragazze fuori di sabato sera con la macchina dei suoi. Legge Jack Kerouac e si immagina James Dean. La chitarra è una via d'uscita dall'anonimato: dopo una serie di esperienze con piccole band locali e qualche session con un certo Bob Seger, alla fine degli anni Sessanta, contrariamente al parere della famiglia, emigra a Los Angeles con la sua compagna dell'epoca. Di lì a poco si ritroverà a suonare in duo con J.D. Souther, incideranno anche materiale, senza tuttavia avere grandi riscontri.
Il primo volo delle Aquile
Il big bang per lui è rappresentato dalle session dell'album omonimo della reginetta del country rock Linda Ronstadt, quando in sala d'incisione incontra il batterista Don Henley, il bassista Randy Meisner e il polistrumentista Bernie Leadon, questi ultimi due già con una discreta esperienza, rispettivamente con i Poco e i Flying Burrito Brothers. Insieme decidono di fondare una band a gerarchie variabili, uno di quei gruppi in cui tutti cantano e tutti contano, com'erano stati i Beatles (o i Byrds) fino a qualche anno prima. Scelgono un nome che più americano non si può e si ritrovano nel perimetro della Asylum, giovane etichette discografica di David Geffen che sta riunendo intorno a sé il meglio del sound della West Coast. E offre alle Aquile la possibilità di collaborare con autori emergenti, gente come Jackson Browne, Tom Waits e lo stesso Souther. L'esordio omonimo del 1972 è un concentrato di promesse. Bellissimo ma poco compreso il successivo «Desperado» (1973), concept album sull'epopea outlaw dei fratelli Dalton, poi da quel momento preciso gli Eagles non sbaglieranno un colpo: «On the Boarder», «One of theese Nights» e soprattutto «Hotel California», bestseller da 30 milioni di copie.
L'asse con Don Henley
La strada del successo scompagina l'assetto «paritario» che la band aveva originariamente: è l'asse Frey-Henley – autori, interpreti e compagni di sbornie che litigano ma tengono in piedi la casa, come marito e moglie – a prevalere, con buona pace di Leadon che lascia alla vigilia del grande successo e Meisner che lascia dopo il grande successo, mentre la famiglia si allarga con l'ingresso di Don Felder, Joe Walsh e Timothy B. Schmidt. Proprio con Felder, Frey e Henley concepiscono «Hotel California», ballata demoniaca in salsa di chili che rappresenterà per sempre il marchio di fabbrica del gruppo. Si sa che dopo l'apice tocca scendere: prima «The Long Run» (1979) che vende bene ma al palato lascia uno spiacevole retrogusto di stanchezza, poi uno scioglimento che dura 14 anni (1980-1994) con Glenn che si dedica alle colonne sonore (suo il successo «The Heat is On» che accompagna Eddie Murphy in «Beverly Hills Cop») e a qualche comparsata cinematografica, prima di comprendere che il suo destino è quello di portare in giro la propria leggenda.
Il ritorno negli anni Novanta
E via con la reunion, addirittura un disco di inediti (il tiepido «Long Road Out of Eden» del 2007) e tour celebrativi, ultimo dei quali «History of the Eagles» che ha toccato il Lucca Summer Festival nell'estate del 2014. Dove si capiva benissimo che il cuore della faccenda era il suo rapporto con Henley. Che adesso di lui dice: «Era come un fratello. Eravamo una famiglia e come in tutte le famiglie ci sono stati dei problemi. Ma il rapporto che abbiamo costruito in 45 anni non si è mai rotto: abbiamo costruito qualcosa che è durato di più di quanto immaginassimo. È stato Glenn a iniziarlo». Un «qualcosa» fatto di ragazze alla guida di Flatbed Ford che, in quel di Winslow Arizona, rallentano e ti guardano. Per invitarti a salire.
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