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Nella baita di Giampiero Rappa nessun luogo è lontano

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TEATRO

Nella baita di Giampiero Rappa nessun luogo è lontano

Dove c'è l'attore e il testo c'è il teatro. Binomio che necessita però di abili interpreti e di una seria e articolata scrittura drammaturgica la cui costruzione segni ritmo e climax attraverso la storia e i caratteri dei personaggi. Elementi tutti che troviamo, ben definiti, nell'ultimo bel lavoro di Giampiero Rappa “Nessun luogo è lontano”. Il teatro di parola è la cifra dell'autore attore e regista genovese, un teatro attuale, che prova a interpretare la realtà attraverso la messinscena dei rapporti interpersonali, e del conflitto che ne fa scaturire dai dialoghi. Nella piéce in questione i tre personaggi si alternano in un dialogo a due, per concludersi in un terzetto deflagrante che muterà la commedia in dramma. Torna quale filo conduttore, come in altri testi dell'autore, quello del potere, esercitato o subito, nel comportamento degli esseri umani. L'emblematico titolo, che lascia intendere che non esiste luogo per scappare da se stessi, è il nome di una trasmissione radiofonica, l'unica voce esterna che giunge nella sperduta baita di montagna dove è ambientata la vicenda.

Qui, nella lignea scena realistica di Francesco Ghisu, si è ritirato da anni un ex scrittore di successo (Giampiero Rappa), un cinquantenne burbero e cinico che ha deciso di chiudersi con il resto del mondo dopo aver rifiutato un'importante premio letterario. A rompere quell'isolamento sarà prima l'arrivo di una giornalista (Valentina Cenni) per un'intervista che ha deciso di rilasciare dopo alcuni anni di silenzio; e, successivamente, l'improvvisa irruzione del giovane impetuoso nipote (Giuseppe Tantillo) che, scopriremo, è alla ricerca disperata di un posto dove rifugiarsi per dei motivi che non sveliamo. Lo sconvolgimento di quella solitudine, gli scontri che si origineranno per l'orgoglio, la rabbia covata, i risentimenti, le paure, faranno emergere brani di storie personali con le quali fare i conti.

Tra domande ficcanti e risposte taglienti, tra accuse, offese, attimi di condivisione, di silenzi, di urla, di svelamenti, entreranno in quel rifugio apparentemente protetto riflessioni sui conflitti fra generazioni, sui rapporti famigliari, sul dolore, sull'amore, sul perdono. Sulla natura dell'essere umano. «L'orgoglio è una bestia feroce, capace di tenere a distanza anche le persone che amiamo» dirà uno dei personaggi. Rappa fa dell'orgoglio e della rabbia il motore della storia: quell'orgoglio da stemperare e quella rabbia da saper gestire di cui lo scrittore prenderà consapevolezza. La costruzione drammaturgica, che si avvale, nella messinscena, delle musiche di Stefano Bollani, alterna sferzate ironiche, specie nelle battute del giovane nipote, a momenti più statici dove certe frasi, certi dialoghi, aprono voragini subito coperte. Nei silenzi, negli sguardi, nei gesti trattenuti e in quelli esplosi, nelle parole sillabate e in quelle rovesciate addosso gli uni agli altri, il testo detta un ritmo interno ai personaggi, un flusso che li agita e li esamina. Grazie alla bravura dei tre appropriati interpreti, che dosano con maestria la tensione emotiva fino all'esplosione finale.

«Nessun luogo è lontano», scritto e diretto da Giampiero Rappa
Musiche di Stefano Bollani
Teatro Argot - Roma
Fino al 21 febbraio

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