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«L’angelica farfalla» torna a volare

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«L’angelica farfalla» torna a volare

Un racconto di Giovannino Guareschi, intitolato “Commercio”, narra del vecchio Molotti (reazionario e tirchio) che compera l'anima del Nero, “rosso come il fuoco” e uno dei più accaniti della compagnia di Peppone. Al di là degli aspetti umoristici della vicenda, va detto che forse negli anni dell'immediato dopoguerra, in cui fu ambientata la storia, era ancora possibile capire cosa fosse l'anima e quindi cosa significasse venderla al diavolo o a un acquirente disponibile a questo genere di commercio. Oggi non sarebbe così facile.

La psicoanalisi, vivisezionandola, ha mostrato debolezze di metodo dopo l'apparire delle neuroscienze; la filosofia la trascura e preferisce occuparsi del rapporto mente-corpo più che, per esempio, dell'”anima bella” cara a Platone; il cristianesimo ne parla, è vero, ma senza invitare i fedeli a salvarla come un tempo usavano fare i predicatori. Forse si è discusso troppo su di essa o intorno ad essa, e ora è subentrata una certa stanchezza. Resta qualche fascinosa definizione, come quella cara alla scuola degli Stoici, i quali – ricorda una testimonianza di Aezio – la consideravano ««Spirito intelligente caldo»». Insomma, l'anima è carica di storia e non fa più tendenza.

Tuttavia non va dimenticato che per secoli le più acute menti si occuparono di quella che Dante chiamò nel canto X del “Purgatorio” “angelica farfalla” e sino al Novecento non si conosce tregua in codesta ricerca. Due libri di notevole interesse, appena pubblicati e riguardanti due diversi periodi, lo provano. Il primo si deve a Marco Sgarbi: “Profumo di immortalità” (Carocci, pp. 382, euro 39). E' dedicato alle controversie sull'anima nella filosofia volgare del Rinascimento. Il secondo è di un decano quale Peter Brown e ha come titolo “Il riscatto dell'anima” (Einaudi, pp. 246, euro 30): tratta aldilà e ricchezza nel primo cristianesimo occidentale.

Marco Sgarbi, con notevole documentazione, esamina il problema dell'immortalità dell'anima riportando all'attenzione anche testi dimenticati (a stampa e manoscritti), rilegge il rapporto tra filosofia e religione, condanne di eretici, dibattiti accademici. Dalle eredità medievali di personaggi quali Jacopo Campora o Melchiorre Frizzoli giunge ai dissidenti di Aristotele o a coloro che il filosofo greco quasi lo adoravano, senza dimenticare il platonico Marsilio Ficino o chi, come Pompeo della Barba, all'immortalità dell'anima dedica un sonetto (e non soltanto).

Peter Brown descrive le vicende dello ”Spirito intelligente caldo” tra il 250 e il 650 circa della nostra era; soprattutto egli analizza come in questo lasso di tempo si trasformò il rapporto tra Chiesa e denaro. Dai culti dei morti alle penitenze richieste ai vivi, dai nessi tra elemosine, aldilà e penitenze si scopre come fu possibile il controllo e il dominio della società medievale da parte dell'istituzione romana.

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