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Lessico cinese di Xu Bing

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triennale

Lessico cinese di Xu Bing

«L’opera di Xu Bing è un vero tributo al genio dell’immaginazione umana». Ed è durante la Rivoluzione culturale che l’allora quattordicenne Xu Bing, uno fra i più rispettati e ammirati artisti cinesi divenuti celebri in occidente, scopre il mondo rurale dell’antica Cina. Il segno - e la parola è cruciale nella sua estetica - sarà indelebile e proprio l’osservazione della natura condurrà l’artista ad una densa riflessione sul linguaggio. La parola scritta verrà da lui elaborata, quasi una nuova linguistica, in maniera personalissima e attenta, secondo le linee di una poetica d’arte che affonda la propria ricerca nei caratteri della lingua come imprescindibile condizione delle forme del pensiero e quindi veicolo di conoscenza dei cinesi, del loro mondo e non solo.

Spiega il curatore Hans de Wolf: “L'idea alla base della mostra è stata ispirata da due elementi indipendenti. Nel 2013, la Biennale di Venezia ha accolto per la prima volta oltre 100 artisti cinesi in ben 8 padiglioni. Nonostante ciò, fu l'anno in cui ricevettero meno attenzioni, come se gli artisti cinesi non fossero ancora pronti per competere ai livelli più alti. Le opere di Xu Bing erano già presenti in diverse esposizioni, ma l'artista non partecipò alla Biennale. Lo stesso anno, vidi a Pechino la prima rappresentazione di “The Character of Characters”, uno dei progetti più ambiziosi di Xu Bing degli ultimi anni, ovvero un'animazione video di 17 minuti proiettata su una parete da 5 proiettori.

Simile a una pergamena, la pellicola di 12 metri dimostra come i primi caratteri della lingua cinese scritta siano nati all'osservazione della natura”. Affascinato dall'opera di Xu Bing, in collaborazione con l'artista, de Wolf porta a Bruxelles 8 artisti cinesi d'eccellenza mettendoli a confronto con i loro colleghi occidentali. La mostra ebbe un successo enorme e la triennale di Milano con l’esposizione “Xu Bing. Worlds of Words – Goods of Gods” a cura sempre di Hans de Wolf offre una nuova e raffinata interpretazione della stanza di Xu Bing conducendo lo spettatore in quel mondo unico e favoloso, di ardua comprensione, che è il linguaggio umano scritto, e che l’artista attraversa, è bene sottolinearlo, con il piglio dell’artista, non dello scienziato.

Ancora de Wolf: “Se la richiesta di Marcel Duchamp, ossia che il compito dell’artista è quello di sviluppare un’opera - che legittima ogni singolo pezzo all’interno dell’opera e offre un senso e una direzione, una specie di necessità ultima - ha cambiato il paradigma di base dell’arte contemporanea, allora l’opera di Xu Bing potrebbe essere la prima applicazione matura dell’ideale di Duchamp all’interno del mondo contemporaneo della Cina. Sono proprio la sua coesione e intelligenza che gli offrono questo status speciale”.

Se è vero che in principio fu la PAROLA, sono i primi segni del linguaggio, che non rappresentavano più disegni di oggetti a rivelare che le loro forme sono il risultato di una stretta interpretazione della natura, in base a una varietà di forme disponibili sempre in natura.
Messa a stretto confronto con l’arte di Xu Bing è la ricerca di Frédéric Brouly Bouabré, l’artista nato nel 1926 nell’attuale Costa d’Avorio e creatore del “Bété-alphabet” (dalla collection Agnès B, Paris) , un alfabeto complesso composto da 426 sillabe che presenta immagini ispirate ad antiche incisioni nella roccia, a temi mitologici e cosmici o a storie africane oltre che alla vita quotidiana. E ancora, è in mostra il “Libro del Cielo” di Xu Bing, il codice prodotto dall’artista negli anni ’80 con i caratteri stampati all’interno delle strette colonne del libro. Il “Libro della Terra” è invece il frutto di una diversa riflessione dell’artista quale risposta al moderno linguaggio dei pittogrammi che, entrati nella sfera pubblica, con l’affermarsi di Internet hanno visto espandersi in una continua esplosione icone ed emoticon.

Altro confronto presente in mostra è quello con l’arte di Marcel Broodthaers, di cui è in Triennale “Le Courbeau et le Renard (d’après La Fontaine)”, 1967 , dall’Estate of Marcel Broodthaers, che trova ispirazione all’interno della pittura di René Magritte e agli esperimenti linguistici del più difficile fra i poeti francesi, Stephane Mallarmé. Il confronto in mostra si conclude con opere di Alighiero Boetti, Piero Manzoni, Guy Rombouts con il bellissimo “Language as a house to live in” del 2005, Jyvia Soma Mashe, e, di Christian Dautremont, “Variation graphique oui et non”, 1972, dalla Collection du centre de la Gravure et de l’Imprimée La Louviere.

Xu Bing, “Worlds of Words – Goods of Gods”
è curata da Hans de Wolf e, alla Treinnale di Milano fino al 6 marzo 2016

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