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Il “Don Giovanni” virtuale di Alessandro Preziosi

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Teatro

Il “Don Giovanni” virtuale di Alessandro Preziosi

La modernità del “Don Giovanni” da Molière, sta proprio nella perversione della sua natura, nella continua fuga da se stesso sulle strade del libertinaggio, nell'inquieta ricerca di esperienze, prefigurazione di Faust ancorchè senza redenzione. E quando, accumulate infinite avventure e prepotenze, egli avrà beffardamente invitato a pranzo la statua del Commendatore da lui ucciso, per Don Giovanni si spalancheranno le porte dell'Inferno.

Allora, sulle sue spoglie piangerà l'unico amico fedele, l'altro vero protagonista della storia, il servo Sganarello, che inutilmente, per tutta la vita, ha cercato di sottrarlo al peccato, ma che ora, piangendo il padrone, piange anche la paga perduta. Quello disegnato da Molière possiede la forza di un personaggio mitico, è un plasma vitale di significati, rappresentato ora come l'empio ateo castigato dal Cielo, o come un volgare materialista, o un tenace libertino, o un grande libertario, o un libero pensatore che sfida il trascendente e gioca la sua ultima partita che non ha scopi al di fuori del significato stesso della vita.

La messinscena di Alessandro Preziosi, anche interprete di questo “Don Giovanni” nella traduzione di Tommaso Mattei, punta alla spettacolarizzazione, all'intrattenimento, realizzando, nelle intenzioni, un allestimento “postmoderno” e cinematografico, volendo fare dell'eccentrico gentiluomo «una cavia dell'ipocrisia del mondo… divenendo consapevolmente la vittima sacrificale e contemporanea della società in cui vive». E lo fa bruciare nel fuoco di una proiezione digitale. A caratterizzare la messinscena è una cornice virtuale con proiezioni architettoniche e astratte a creare diverse ambientazioni interne ed esterne – porticati, mare e spiaggia, il viaggio attraverso la foresta, la tomba del Commendatore -: impaginazione che però penalizza i movimenti degli interpreti sulla scena vuota, e stride coi costumi settecenteschi.

Stride pure il mix di colonna sonora che alterna brani di musica classica a sonorità orientali e più moderne, preferita ad una più coerenza stilistica. Se, nei cambi di registro vocale e sdoppiandosi, Preziosi assume anche la voce del padre nel dialogo con le parole ipocrite della finta conversione, si esauriscono troppo velocemente le figure femminili e, soprattutto, lo sfuggire a quella Donna Elvira, che sembra essersi adattata fuori dal convento dove è stata trascinata e che, in un tormentone senza requie, continua a ricordare a Don Giovanni la promessa di fedeltà. Preziosi ha portato il testo verso la commedia, non dico sacrificandone la parte tragica della seconda parte - che si anima di mobilio grigio e nero e di costumi funerei -, ma attenuandola, riducendola a puro gioco di teatro.

Ciò si riconosce non tanto alla scena virtuale vicina al videogioco e ai trucchi escogitati per rendere il “coté” soprannaturale – i rumori e la voce cavernosa del Commendatore che s'ode da una statua del monumento funebre multimediale – quanto alla qualità generale della recitazione, tutta impostata su una sorta di balletto calmo, su una quotidianità meditabonda dei gesti e delle parole, priva delle impennate del ribelle e del suo servo. Anche se da un lato non assurge (ma neanche lo vuole) alla grande tragicità molièrana, dall'altro non diventa che a tratti quella romanzesca commedia in costume su cui forse si tendeva.

“Don Giovanni” di Molière, traduzione e adattamento Tommaso Mattei, e con Lucrezia Guidone, Maria Celeste Sellitto, Roberto Manzi, Daniele Paoloni, Daniela Vitale, Matteo Guma, scene Fabien Iliou, costumi Marta Crisolini Malatesta, luci Valerio Tiberi, musiche originali Andrea Farri, supervisione artistica Alessandro Maggi, regia Alessandro Preziosi. KHORA.teatro, TSA Teatro Stabile d'Abruzzo. Al Teatro Quirino di Roma. A Salerno, Teatro Verdi; a Lecce, Teatro Politeama Greco; a Brindisi, Fondazione Nuovo Teatro Verdi, il 24; a Avellino, Teatro Gesualdo, il 27 e 28.

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