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Mario Mori, creatore del Ros, spiega come dovrebbe funzionare…

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Mario Mori, creatore del Ros, spiega come dovrebbe funzionare l’intelligence

PALERMO - Un Paese con servizi di informazione e sicurezza non adeguati ai bisogni del nostro tempo in cui le guerre si combattono anche e soprattutto sul fronte dell'economia. E soprattutto: il nostro Paese non ha strumenti adeguati per tutelare il sistema (inteso come somma di interessi militari, politici e soprattutto economici) nelle cosiddette aree di crisi dove spesso le azienda vanno a lavorare impreparate perché non vogliono investire ciò che è necessario in sicurezza.

Perché quello della sicurezza sembra quasi l'ultimo dei problemi che gli altri invece affrontano adeguatamente mandando in avanscoperta professionisti che lavorano per costruire le future coperture sul terreno. È la sintesi del pensiero di Mario Mori, già generale dei carabinieri e creatore del Ros (il Reparto operativo speciale), direttore del Sisde tra il 2001 e il 2006, grande conoscitore della macchina dell'intelligence che ha presentato a Palermo, ospite della Feltrinelli, il suo libro “Servizi e segreti” scritto in collaborazione con LookOut News ed edito da G-Risk di cui è Ceo un ex ufficiale dei carabinieri come Giuseppe De Donno, collaboratore fidato di Mori e con lui imputato nel processo (in corso) sulla cosiddetta Trattativa Stato-Mafia e insieme a lui assolto nel procedimento sulla mancata cattura di Bernardo Provenzano nel casolare di Mezzojuso in provincia di Palermo. Vicende di cui il generale non ha voluto parlare limitandosi a dire: «Delle vicende giudiziare preferisco esprimermi solo nelle aule di giustizia e penso di farlo, fin qui, molto bene, fin qui vittorioso».

In un'ora di chiacchierata sono emersi tutti i limiti di un servizio, quello italiano, che è troppo dipendente dalla politica che punta a usarlo per questo o quel fatto personale, di un direttore che cambia o quasi con il cambiare dei governi, un servizio quello italiano che ha sì parecchie risorse che sono nulla in confronto ad altri paesi occidentali e ha sfatato qualche mito, frutto più della narrazione cinematografica della realtà: come il lavoro degli agenti della Cia. «Sono stato uno dei direttori più longevi del servizio ma nulla in confronto alla mia omologa del Servizio britannico, in cui ha prestato servizio per oltre 35 anni. Purtroppo in Italia non c'è la cultura: si pescano risorse prevalentemente tra le forze di polizia mentre non lo si fa affatto nelle università. I Servizi americani valgano poco, ottengono risultati perché in possesso di un budget indefinito e di risorse umane ingenti. Mentre molto efficienti - ha aggiunto - sono quelli francesi, il Mossad israeliano, MI5 e MI6 britannici».

E chi gli chiedeva se in Italia fosse possibile un attentato come quello del Bataclan a Parigi o di altro genere, il generale è stato netto: «Una bomba terroristica da noi? La vedo improbabile – ha detto il generale -. Difficilmente in Italia si potrebbe realizzare un attentato terroristico, come a Parigi. Una operazione di quel genere richiede grande organizzazione, ingenti mezzi e risorse economiche e persone ben radicate che conoscano il territorio. In Italia, a differenza che in Francia, Inghilterra e Germania, i musulmani integrati sono alla prima generazione. Un volto nuovo dopo quindici giorni verrebbe subito individuato e segnalato dalle forze di polizia. Di certo non dai servizi segreti. Non bisogna dimenticare che noi, per vari motivi storici, abbiamo le migliori forze di polizia d'Europa».

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