Cultura

La battaglia di Novara raccontata dagli austriaci

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LIBRI / 23 MARZO 1849

La battaglia di Novara raccontata dagli austriaci

Passeggiando a Vienna nei dintorni del Prater, si arriva in pochi minuti alla Novaragasse, una tranquilla via laterale che ricorda la vittoria del maresciallo Radetzki (all'epoca 82enne) sull'esercito di Carlo Alberto, il 23 marzo 1849. Il re piemontese, la sera stessa, abdicava in favore del figlio Vittorio Emanuele II e partiva per l'esilio in Portogallo. Agli italiani la battaglia di Novara rievoca la fine ingloriosa della Prima guerra d'indipendenza, mentre «fu un evento che nei confini della monarchia asburgica ricevette sin da subito una risonanza incredibile, se si considera che l'esito dello scontro fu per l'esercito austriaco tanto portentoso quanto inatteso. In tutto l'Impero venne diramata in maniera fulminea la notizia della vittoria».

Così scrive Stefano Apostolo, un giovane studioso di germanistica, che durante un periodo di perfezionamento universitario a Vienna ha potuto consultare documenti, memorie e prose varie, traducendo in italiano testi sovente scritti nel tedesco di oltre 150 anni fa (comprese alcune lettere in caratteri germanici antichi). Dalla sua ricerca è nato il libro «Novara resterà indimenticabile per ciascuno di noi - La battaglia del 23 marzo 1849 vissuta tra le linee austriache», pubblicato dall'editrice novarese Interlinea.

Le testimonianze del “nemico”.
La curiosità storica dell'autore per i legami tra il Novarese e l'ex capitale dell'Impero asburgico ha aggiunto un nuovo tassello agli studi sugli eventi del 1848-49. Infatti l'interesse della storiografia italiana è stato rivolto soprattutto a capire che cosa non funzionò e di chi fossero le colpe nell'esercito piemontese, mentre poco si sono cercate le fonti provenienti “dall'altra parte” del fronte. «Le introduzioni di Apostolo ai brani e i commenti sui contenuti – commenta Paolo Cirri nella presentazione del volume - sono sempre esaurienti ed equilibrate, senza mancare di qualche tocco di benevola ironia». Anzi le testimonianze dirette del “nemico” ce lo rendono più umano e più vicino a noi nei suoi sentimenti, nei suoi pensieri, nelle sue paure.

Tutti coloro che sono stati sul campo usano parole forti per indicare le dimensioni della battaglia e l'intensità dei combattimenti (il numero complessivo dei morti e dei feriti si può stimare in tre-quattro mila piemontesi e altrettanti austriaci, anche se le cifre fornite ufficialmente sono inferiori). Johann Grossrubatscher, capitano nel reggimento tirolese dei Kaiserjäger, nel resoconto della campagna d'Italia del 1849 inviato alla sorella Johanna, pittrice di idilli montani nel Tirolo, racconta: «Novara resterà indimenticabile per ciascuno di noi, fu una battaglia terrificante! Combattemmo tutto il giorno in 20mila contro 60mila nemici». In realtà gli austriaci potevano contare su 60-70mila fanti, 5mila cavalli e oltre 200 cannoni; le forze piemontesi erano di circa 45mila fanti, 2.500 cavalli e poco più di 100 cannoni. Si aggiunse anche il maltempo: quel 23 marzo 1849 fu una giornata fredda e piovosa, nei giorni immediatamente successivi arrivò inaspettata persino la neve.

Austriaci “liberatori”?
Va dato atto a Radetzki e ai suoi ufficiali di avere impartito precise disposizioni di comportarsi con grande riguardo verso la popolazione civile. È ancora il capitano Grossrubatscher che scrive alla sorella: «Marciammo nella città salutando freddamente, non toccammo i loro infanti», mentre «l'Armata piemontese sconfitta, nella notte prima della sua partenza, aveva saccheggiato la propria città di Novara». Le violenze e le crudeltà commesse dai soldati piemontesi in ritirata spiegano certe scene di gaudio dei novaresi, che accolsero l'ingresso in città degli austriaci non come “nemici”, ma come “liberatori”.

Il conte Leopold Graf von Kolowrat, comandante di una brigata, giudica invece le truppe sabaude un nemico valoroso e loda il loro comportamento sul campo di battaglia. Lo sbando tra saccheggi e violenze a Novara, per lui, «fu il risultato che Carlo Alberto ebbe per aver guastato il suo altrimenti coraggioso esercito con ogni sorta di gentaglia, accorsa da ogni dove e da lui accolta». Nei giorni successivi alla battaglia, con gli austriaci giunti a Fara e i piemontesi accampati a Ghemme (due località sulle colline novaresi, anche allora note per il buon vino), il conte von Kolowrat racconta persino di un invito a cena agli ufficiali piemontesi: «Noi bevemmo, dimenticando ogni rancore, alla vecchia e nuova amicizia con i nostri ospiti».

Stefano Apostolo, «Novara resterà indimenticabile per ciascuno di noi - La battaglia del 23 marzo 1849 vissuta tra le linee austriache», Interlinea, Novara, pagg. 200, € 18,00
19 marzo 2016

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