Cultura

L’odio corre sulla rete

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L’odio corre sulla rete

Il volume di Giovanni Ziccardi, L’odio online. Violenza verbale e ossessioni in rete denso e di grande latitudine, fa un utile punto sulla questione di grandissima attualità del tipo di linguaggio che possiamo accettare o non accettare nei molti luoghi che oggi ospitano e registrano le comunicazioni tra le persone: social networks, mail, siti web, forum, commenti ad articoli online, chat, ma anche discorsi politici e editoriali giornalistici. Ziccardi presenta moltissimi casi tratti dalla cronaca degli ultimi anni, li commenta con grande competenza e pertinenza attingendo con elasticità comparativa a fonti legislative soprattutto europee e statunitensi ma non solo (vengono citate anche normative indonesiane!), e situa il tutto nel quadro storico dell’evoluzione tecnologica, che ci ha fatto passare da un web visto come utopia democratica e conoscitiva a un’immagine schizofrenica delle nuove tecnologie, oggi usate prevalentemente come gadget di intrattenimento e scambio personale e rivelatesi in alcune circostanze strumenti nocivi, potenzialmente letali nelle mani di terroristi, cyberterroristi e malintenzionati di varia estrazione. Genitori, insegnanti, datori di lavoro, dipendenti; giuristi e parlamentari dovrebbero prendere conoscenza di questo lavoro e meditare.

Il nocciolo problematico riguarda la tensione tra lo spirito della giurisprudenza statunitense, volta a privilegiare la libertà di espressione, e quello delle normative europee, più incentrate sulla tutela della privacy. Le due coordinate tra loro ortogonali della libertà e della privacy vengono oggi distorte e messe sotto pressione dagli imperativi (o dalle ossessioni) della sicurezza. Dobbiamo accettare, in nome della libertà di espressione, ogni sorta di linguaggio aggressivo e violento, in un contesto in cui la demonizzazione e l’umiliazione del diverso prelude e accompagna i conflitti? Dobbiamo sempre e comunque tutelare un diritto all’anonimato e all’inviolabilità dei dati che ciascuno di noi genera, in un contesto in cui la privacy fa schermo a trame dichiaratamente distruttive per la nostra società?

Ziccardi esprime una tendenza relativamente chiara, anche se la manifesta con una certa prudenza se non timidezza nel libro. Una maggiore apertura del web è da preferirsi alla sua chiusura; abbiamo solo da guadagnare da una società aperta, e se i costi possono a volte sembrarci insopportabili, questo dipende perlopiù da contingenze che pur attraendo l’attenzione dei media non devono distrarci e confonderci. La libertà d’espressione ha una «funzione sociale».

Molto utili sono le caratterizzazioni per i tanti e polimorfi fenomeni che caratterizzano le espressioni di odio online (ma davvero non c’è una buona traduzione condivisa di «hate speech»?): dal cyberbullismo al sexting al revenge porn; anche se alcune nozioni, come quella di terrorismo interpersonale, meriterebbero forse una presa di distanza maggiore.

Particolarmente efficace è il costante richiamo al fatto che la rete non è o non è più un vero e proprio spazio pubblico, anche se per alcuni utilizzatori ne ha l’apparenza. Facebook non è tenuta a rispettare il Primo Emendamento. E dato che le grandi società su cui si svolge una parte importante del traffico sono tutte statunitensi, ne segue che la legge che vige per la stragrande maggioranza delle nostre interazioni online è l’emanazione dei vincoli decisi dagli studi legali e solidificati nelle consuetudini e parametri di Google, Facebook, eccetera. «Continuando la navigazione non solo accettate i cookies, accettate anche la legge di GAFA Country» dicono in realtà le banderuole che incappucciano i nostri schermi.

Forse questo non è un problema: se Google fa dei dati che io metto liberamente a sua disposizione quello che pensa di farne, io ho pur sempre la scelta di non mettere tali dati a sua disposizione. Il punto è piuttosto che una certa nonchalance nella presentazione dei Termini e delle Condizioni dona a questi spazi online l’aspetto di una pseudo-agorà che loro non possono certo impersonare. Questa percezione distorta genera spesso comportamenti inadeguati.

Dicevo che il libro sarà utile a molte persone che devono prendere delle decisioni a breve e a lungo termine sull’uso delle tecnologie. C’è bisogno di buona informazione; i genitori e gli insegnanti per esempio potranno utilmente ricordare a chi si avvicina ai social network che la legge punisce la diffamazione in tutte le sue forme, e che mandare un insulto per mail a un “amico” è esattamente come insultarlo per strada, salvo il fatto che se verba volant, scripta manent.

Certo, bisognerebbe avere un’idea migliore di quanti casi di bullismo online si verificano poi realmente, per esempio nelle scuole. Se non sono statisticamente significativi, varrebbe la pena dedicare le nostre energie di genitori e insegnanti ad altre forme di prevenzione: per esempio dovremmo riflettere sul fatto che le troppe ore passate settimanalmente sui social dagli studenti di terza media sono un problema di salute pubblica, viste le conseguenze ormai note di perdita di sonno e di ansia da pressione di gruppo. Anche senza mai incontrare una riga di odio online.

Su una nota critica più generale, la scrittura di Ziccardi è densa e ci sono molte iterazioni degli argomenti principali che si sarebbero potute facilmente evitare. Se il merito principale del volume è nel desiderio di non lasciare scoperto nessun risvolto e di commentare ogni recente episodio eclatante, questa stessa caratteristica lo rende paratattico e di difficile navigazione.

E se posso uscire per un istante dal ruolo del recensore semplice: mi sarebbe piaciuto vedere un vero e proprio capitolo applicativo, che contenesse per esempio la bozza di un progetto di legge. Vittoria Franco aveva concluso il suo pamphlet sulla fecondazione assistita con una proposta alternativa alla legge 40. Lori Andrews aveva terminato il volume sulla privacy redigendo una «Costituzione per i Social Networks». Forse Ziccardi può dedicare un pensiero a questa richiesta e mettere online una vera e propria proposta normativa?

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Giovanni Ziccardi, L’odio online. Violenza verbale e ossessioni in rete , Raffaello Cortina, Milano, pagg. 256, € 21