
Che cosa hanno in comune i tostissimi thriller 10 Cloverfield Lane (in uscita il 28 aprile per Universal) e Codice 999 (dal 21 aprile distribuito da M2 Pictures)? Apparentemente solo ceneri e polveri da sparo sopra le teste dei superstiti, alle prese con guerre civili, alieni colonizzatori e mafia russa. In realtà sono i due film più piantati nell'America inquieta, nevrotica e irrisolta degli ultimi anni, quella che vede Hillary Clinton costretta a svelare per la prima volta l'Area 51 (così ha dichiarato al Jimmy Kimmel Live) rilasciando i suoi documenti top secret una volta eletta alla Casa Bianca, e la mafia russa inserirsi nei più impenetrabili distretti, tra poliziotti senz'anima e sciacalli. Il mito americano dell'ascesa sociale e della lotta al crimine (poco importa se terrestre od extra), la presunta inossidabilità delle istituzioni governative, sono intelligentemente trasformati in satira, sia dallo storytelling reazionario del “successore spirituale” di Cloverfield (monster-horror del 2008 prodotto da J.J. Abrams e girato come viral marketing con telecamere a mano) che dal dirty-cop movie sbilanciato tra forze speciali, agenti ed ex membri dell'esercito corrotti.
In entrambe i casi i registi sfuggono al qualunquismo e ci parlano di quanto gli Stati Uniti spionistici e paramilitari siano ormai un corpo di gomma, fragile, molto fragile. Il fanta-film diretto da Dan Trachtenberg, con l'ottima Mary Elizabeth Winstead tenuta segregata da John Goodman in un bunker mentre gli alieni invadono la Terra, sembra un esperimento cinematografico che fonde Room, Rosemary's Baby e La guerra dei mondi: l'attacco, il baccellone, il virus, la paura, non provengono dal “fuori”, abitano dentro di noi e ci tengono in ostaggio, sancendo il nostro sospetto su tutto ciò che si muove intorno, in bella calligrafia. Stesso senso di impotenza in Codice 999, dove un ex membro delle forze speciali capeggia una banda di corrotti, ed il sergente di turno (Woody Harrelson), si trova immerso nel caso di una rapina. E' ignaro che il nipote (Casey Affleck), un onesto poliziotto, sia diventato involontariamente partner di uno dei rapinatori della gang di Atlanta. Starà a lui affrontare Kate Winslet, boss della mafia russo-israeliana, azionando un codice “999”, usato dalla polizia per segnalare che un agente è stato colpito in azione. Secondo John Goodman (10 Cloverfield Lane), “il paese della paranoia a stelle e strisce è rappresentato senza pietà in Cloverfield, diretto da un ragazzo di trent'anni, tra l'altro, che respira meglio di altri le disfunzioni civili nel mondo. Parliamo di sopravvivenza, allerta, benessere umano messo a repentaglio.
Il mio personaggio è simile allo standard statunitense: ognuno qui sembra avere problemi con la solitudine e si sente minacciato. Non riusciamo letteralmente a starcene da soli. Ma quando proviamo a costruire un senso di comunità e di fratellanza ecco che commettiamo un errore enorme e siamo costretti a confrontarci con la delusione, nonostante i buoni propositi”. Goodman considera il malessere sociale americano una delle cause del suo pessimo rapporto con il cibo: “Mangiavo come un alcolista, mangiavo tutto senza fine, sempre, in qualsiasi momento del giorno” ha detto a Peter Travers. “Dovevo sempre avere la mano piena e la bocca pronta. Ma una volta preso coscienza del problema, ho smesso all'improvviso. E ho cominciato a perdere peso e a fare attività fisica. Questo mi dà più energia al lavoro e nel mio quotidiano impegno sociale”. Stando al regista di Codice 999, John Hillcoat (The Proposition), “il dubbio sulla fiducia nella polizia in America è cresciuto con la sparatoria di Ferguson e tanti altri casi in cui agenti bianchi hanno freddato neri disarmati. Quando il protagonista Casey Affleck ha iniziato a fare ricerche per il suo personaggio, è tornato da me con un'espressione sbalordita in volto. Il mestiere del poliziotto è davvero duro. Puoi trascorrere otto ore della tua giornata a perlustrare una zona in cui non accade nulla, poi ti arriva una chiamata nel cuore della notte e sei costretto a guidare per 90 miglia verso la periferia e finire ammazzato. I poliziotti sono immersi in un habitat di questo tipo tutti i santi giorni. Come antagonista, io e lo scrittore Matt Cook ci siamo spinti in un nuovo territorio: nei film americani troviamo sempre mafia italiana, irlandese o i ‘cartels' messicani. Poi abbiamo scovato cellule russo-israeliane coinvolte nel traffico d'armi e, nell'era di True Detective, abbiamo pensato di giocarci una carta più sporca nell'action al cinema.
La sfida era proprio quella di dar vita ad un crimine neo-realistico per le strade di Atlanta. Siamo andati in quartieri dove la gente ha fatto esperienza di gang e sa che cosa significhi una sparatoria. Si sono tutti dimostrati collaborativi anche nel ricreare certe dinamiche. Il groppo dei poliziotti americani aggressivi è un altro tasto dolente: parecchi ex-militari, negli USA, sono diventati poliziotti. Io la chiamo ‘cross-fertilization', cross-inseminazione, perché questi nuovi agenti si portano appresso tutto l'armamentario (e i traumi, ndr.) di quand'erano in trincea e lo usano nelle nostre strade. Per me, da autore, questo era un lato intrigante da esplorare, e le persone che abbiamo assoldato sul set, tra comparse e volontari, hanno tutte fatto parte in qualche modo di organizzazioni criminali reali. E' opportuno, in questi casi, avere tutti e due i lati: bene e male, giusto e ingiusto, sullo stesso set”.
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